Roma Dirige un giornale che più filogrillino non si può, ma ieri ha firmato un editoriale in cui strigliava Luigi Di Maio. Il direttore del Fatto quotidiano, Marco Travaglio, non gliele ha mandate a dire al candidato premier M5s e ha spiegato ai suoi lettori cosa sta sbagliando nella sua inarrestabile scalata al governo.
Detta la linea ai Cinque stelle, Travaglio, perché quanto fatto finora dai pentastellati non è sufficiente a chi si appresta ad affrontare le elezioni come primo partito e con il Pd in caduta libera nei sondaggi l'obiettivo dovrebbe essere quello di intercettare il voto utile degli elettori dem delusi. Non va bene, dunque, come i grillini hanno reagito a quella che il giornalista definisce la «catastrofe politica, etica e mediatica del Giglio Magico sul caso banche». La loro «assenza di pensiero» in proposito o «l'esultanza per le disgrazie altrui» non basta, bisogna dare un valido motivo agli incerti e soprattutto a chi non avrebbe mai pensato di votare M5s ma che non vuole neppure il ritorno del centrodestra, per scegliere i Cinque stelle alle urne. Per la prima volta Travaglio boccia su tutti i fronti Di Maio. A suo dire, negli ultimi tempi il pupillo di Grillo non ne avrebbe azzeccata una. Dalla promessa di non cancellare gli 80 euro del governo Renzi, al pasticcio del taglio delle pensioni d'oro per ricavare 12 miliardi mentre per arrivare a quella cifra bisognerebbe intervenire sugli assegni pensionistici riconducibili a ben altre categorie, anche su quelli di 2.300 euro, non propriamente d'oro.
«Infine l'apoteosi della confusione sul referendum pro o contro l'euro», attacca il direttore ricordando le posizioni ondivaghe di Di Maio. Una volta lo vuole fare, un'altra volta no. Un atteggiamento, quello del candidato premier, che presta il fianco alle polemiche dando lo spunto alla stampa per infierire. Travaglio suggerisce a Di Maio di «selezionare i punti programmatici sui quali insistere e quelli da accantonare» in vista di future alleanze in Parlamento per cercare di avere la maggioranza. «L'idea di ricevere l'incarico da Mattarella e presentarsi alle Camere per vedere chi ci sta è roba da fumetti per ragazzi: se ci starà qualcuno o non ci starà nessuno, dipenderà dalle cose che Di Maio dirà di voler fare», scrive Travaglio fantasticando su possibili futuri scenari politici.
Il direttore del Fatto non fa sconti al pentastellato in lizza per Palazzo Chigi. Dice che dovrebbe uscire dall'ambiguità di sempre su temi cruciali come l'evasione fiscale e l'economia in nero ed esporre in modo chiaro la sua posizione sui nodi irrisolti dei conflitti di interesse e dei rapporti politica-affari.
E gli suggerisce la ricetta per portare a casa i voti degli astenuti e dei piddini in fuga: accantonare i progetti impraticabili, come quello sul referendum sull'euro, e scrivere una lista di «dieci cose concrete e fattibili». «Senza indossare il doppio petto e andare in giro a rassicurare l'establishment».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.