Tria jr nei guai per l'Ong di Casarini

Era skipper della barca di appoggio alla «Mare Jonio» del leader antagonista

Tria jr nei guai per l'Ong di Casarini

«Non ci siamo mai posti il problema di chi ognuno di noi sia figlio o parente, ma di cosa possiamo fare per salvare quante più vite umane possibile. Stefano Tria è uno di noi e fa quello per cui Mediterranea è nata: salvare e salvarci da questo orrore». Così scrive su Twitter «Mediterranea Saving Humans», la rete di associazioni italiane che monitora il Mar Mediterraneo con la nave Mare Jonio che lo scorso 19 marzo, capitanata dal no global Luca Casarini e approdata a Lampedusa con 48 migranti. Sulla barca a vela di appoggio della Mediterranea, come viceskipper, c'era anche Stefano Paolo Tria, figlio del ministro del Tesoro Giovanni Tria, come ha svelato ieri La Verità. Casarini, contattato al telefono dall'AdnKronos, aveva provato a smontare la notizia facendo il finto tonto: «Io non leggo certi giornalacci...». In realtà Tria era a bordo del Raj, la barca a vela che accompagnava la Mare Jonio, di cui è viceskipper dal 2009. Il fatto era comunque provato dai verbali perché una volta arrivati in porto a Lampedusa lo skipper del Raj è stato fermato e obbligato a «rispondere secondo verità in ordine ai fatti sui quali vengono richieste informazioni». Così l'uomo spiega: «Siamo partiti il giorno 16 marzo ed eravamo dieci persone tutte imbarcate nel porto di Palermo» e tra i nomi dei passeggeri spunta appunto quello di «Stefano Paolo Tria, nato a Roma l'8 luglio 1980», a bordo «in qualità di secondo skipper».

Laureato in Cinema presso la Facoltà di Roma Tre, dopo una carriera decennale come operatore e operatore di ripresa dal 1999, Stefano Tria è uno skipper che ha al suo attivo una traversata del Pacifico (2015, dalla Polinesia francese alle Fiji), numerose regate ed esperienza per trasferimenti nel Mediterraneo e imbarchi per armatori. Poi appunto l'impegno con la ong Mediterranea Saving Humans. Che sul sito espone i valori che ispirano la sua azione, molto lontani da quelli del governo di cui fa parte il padre dello skipper Stefano Tria. Si legge infatti: «Mediterranea è una piattaforma di realtà della società civile arrivata nel Mediterraneo centrale dopo che le Ong, criminalizzate dalla retorica politica senza che mai nessuna inchiesta abbia portato a una sentenza di condanna, sono in gran parte state costrette ad abbandonarlo». E poi: «Quella di Mediterranea è un'azione di disobbedienza morale ma di obbedienza civile.

Disobbedisce al discorso pubblico nazionalista e xenofobo e al divieto, di fatto, di testimoniare quello che succede nel Mediterraneo; obbedisce, invece, alle norme costituzionali e internazionali, da quelle del mare al diritto dei diritti umani, comprese l'obbligatorietà del salvataggio di chi si trova in condizioni di pericolo e la sua conduzione in un porto sicuro se si dovessero verificare le condizioni». Un'altra polemica che investe il ministro dell'Economia, già sotto pressione dai leader dei due partiti di governo che non vedono l'ora di liberarsene.

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