Il momento è arrivato. Gerusalemme capitale senza deroghe. Trump che rivendica il suo approccio nuovo. Una scossa alle vecchie tattiche. Una presa di distanza rispetto ai tentennamenti dei suo predecessori. «Formule fallimentari durate decenni che non hanno portato al risultato sperato». La pace non c'è stata.
E allora eccola la scelta. La decisione di cambiare sede dell'ambasciata americana a Gerusalemme, riconoscerla finalmente come chiede Israele capitale. Il discorso ufficiale di ieri sera non ha lasciato dubbi. «Avremmo dovuto farlo prima», dice Trump. Nessun passo indietro. Va avanti anche se è solo. Peggio: isolato. Nonostante le pressioni delle diplomazie di tutto il mondo, nonostante il pressing dei capi di stato europei, nonostante la rabbia e la tensione del mondo arabo già scoppiata, nonostante le bandiere a bruciare nelle piazze. «Gerusalemme è la capitale di Israele: è giunto il momento». L'atteso annuncio del presidente è arrivato durante il suo discorso alla Casa Bianca. «Non possiamo risolvere la questione mediorientale con il vecchio approccio, ne serve uno nuovo. La scelta è necessaria per la pace». «Per espellere il radicalismo». Il presidente darà ordine al dipartimento di Stato di sviluppare un piano per trasferire l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.
Centinaia di palestinesi sono già scesi in piazza nella striscia di Gaza per protestare, manifestanti bruciano le bandiere di Israele e Stati Uniti. Anche papa Francesco è intervenuto per chiedere un dietrofront a Trump, senza successo. «Lasciate le cose come stanno». Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu finora in silenzio, ieri ha dichiarato che «la decisione segna un giorno storico ed è un importante passo verso la pace». Di tutt'altro avviso l'Olp: «Trump ha distrutto ogni speranza di soluzione di pace sulla base del principio dei due Stati» come previsti dagli accordi di Oslo. E Hamas è stato ancora più diretto: «La decisione di Trump apre le porte dell'inferno». Il gruppo aveva ammonito nei giorni scorsi sul rischio di una nuova intifada. Bruciano i telefoni delle segreterie di Stato diplomatici e portavoce al lavoro frenetico.
I palestinesi e i gordani hanno chiesto un summit urgente della Lega araba. Dall'Iran Khamenei ha parlato di «una decisione che è un segno di incompetenza e fallimento». «La comunità palestinese e quella musulmana vinceranno, la Palestina sarà liberata», ha minacciato l'ayatollah Ali Khamenei, leader spirituale iraniano. «Gli annunci da parte dei nemici dell'islam di dichiarare Al Qods capitale del regime sionista derivano dalla loro debolezza, e il mondo islamico si opporrà a questo disegno». Per la Turchia «sarà uno scontro senza fine» e convoca un vertice islamico. Anche i leader cristiani di Gerusalemme sono «certi» che i passi di Trump «aumenteranno l'odio, il conflitto, la violenza e le sofferenze a Gerusalemme e in Terra Santa».
E l'ultima condanna arriva dall'Onu, dal segretario generale Antonio Guterres: «Il problema dello status di Gerusalemme deve essere risolto e definito al termine di negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, non prima unilateralmente da una terza parte». Ma Trump va avanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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