Trump spiazza l'America: "Legge contro le armi"

Il presidente intercetta abilmente il nuovo clima politico generato dalla strage di Parkland

Trump spiazza l'America: "Legge contro le armi"

Ha spiazzato gli Stati Uniti, ha fatto ingoiare un enorme rospo alla onnipotente Rifle National Association (la lobby degli armieri che riforniscono agli americani di fucili e pistole) e ha costretto a sedersi intorno al suo tavolo i maggiorenti parlamentari dei due partiti, tutti costretti a chiamarlo con rispetto «Mister President». Trump ha preso in mano la questione delle stragi causate dalla diffusione delle armi e ha annunciato che lui stesso manderà avanti una legge per porre fine agli eccidi. La legge deve essere scritta e per ora si sa soltanto che verrà elevata a 21 anni l'età per acquistare fucili e pistole. Si aspetta che la Casa Bianca fra oggi e lunedì faccia conoscere una bozza presidenziale, cosa che costituisce un fatto eccezionale. La conferenza bipartisan intorno a un enorme tavolo ovale con il presidente sotto le bandiere è andata in onda su tutte le televisioni mercoledì pomeriggio per decisione dello stesso Presidente: è stato un colpaccio perché il rispettoso confronto fra repubblicani e democratici, tutti sotto schiaffo di un Presidente in vena di anticonformismo, ha fatto saltare i nervi in particolare a obamiani e clintoniani.

Trump aveva preso molto seriamente la questione dopo l'eccidio nel liceo di Parkland in Florida: è andato negli ospedali, ha parlato a lungo con i genitori delle vittime, ha ricevuto alla Casa Bianca gli studenti e ha girato le spalle all'America affezionata al diritto di possedere armi anche a scopo recreational, cioè per divertimento. Trump abbandona il campo degli armati e passa a quello di chi chiede il controllo. Insinua che un suo senatore sia pavido rispetto al potere della Rna e tratta più o meno tutti i parlamentati come codardi ripetendo che nessun presidente prima di lui in particolare Obama ha mai fatto nulla per affrontare il problema e risolverlo. Al tavolo si è rivolto a tutti chiamandoli per nome, costringendoli così a rispondergli con un ossequioso «Mister President». Anche quelli che lo odiano come il senatore Rubio: «Che ne dici, Marco?». Marco annuisce rigidamente.

Ieri poi Rubio ha pronunciato un discorso in Senato per sostenere che se la questione si affronta è per merito suo, ma i repubblicani della vecchia scuola sono molto seccati per l'uscita presidenziale che li spiazza alla vigilia delle elezioni di mezzo termine. Ieri molti si affannavano a ricordare che solo l'undici per cento delle stragi è provocato da armi possedute legalmente e che comunque il vero problema è quello delle vendite illegali e dei bumps stocks, i meccanismi trasformano un fucile da caccia in un mitra con doppio caricatore. Trump ha detto che farà bandire i bumps stocks e non cambierà idea.

La sua mossa del cavallo ha dunque creato scompiglio tra i repubblicani a lui ostili mentre gli permette di pescare consensi fra i giovani e i democratici. Si è discusso anche del divieto di dare armi ai malati mentali, cosa tecnicamente quasi impossibile, ma quel che è sicuro è che il Presidente ha intercettato il nuovo clima politico creato dalla strage di Parkland e che è tangibile ovunque: cresce la marea di quelli che non vogliono più mantenere in vita il secondo emendamento della Costituzione che autorizza la difesa armata, trasformatasi in alibi per progettare mattatoi a scopo recreational.

La sua è stata una vittoria mediatica e d'immagine che accompagna la vittoria sul taglio delle tasse e quella sul dittatore nordcoreano Kim Jong-un che da due mesi non lancia più un missile e che chiede di parlare al telefono con la Casa Bianca. Una umiliante sconfitta per le sinistre mondiali che avevano accusato Trump di fomentare la guerra con le sue parole schierate contro veri missili. I fatti per ora gli danno ragione.

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