Alexis Tsipras sta avendo sulla Borsa di Atene lo stesso effetto di un elefante in una cristalleria: cocci sparsi dappertutto. Forse al leader di Syriza e ai suoi sodali neri dell'Anel piace questa plastica rappresentazione della decadenza capitalistica, ma di sicuro altri si divertono assai meno di fronte a quel circa 20% lasciato sul terreno, in appena tre giorni, dall'Atex Indes Compos, il listino principale. Con il -9,24% accusato ieri, in una seduta da panic selling , il mercato ellenico è ripiombato sui livelli minimi toccati nella settimana del giugno 2012, seconda tornata delle elezioni poi vinte da Antonis Samaras. Non è un buon segno.
È una «liposuzione» che sta costando carissima: dall'inizio della settimana, la capitalizzazione è scesa di 50-60 miliardi di euro, di cui otto attribuibili alle quattro principali banche del Paese. National Bank of Greece, Piraeus, Alpha Bank ed Eurobank sono finite nel tritatutto delle vendite a causa di un'indiscrezione velenosa: il nuovo esecutivo si preparerebbe a dirottare verso il welfare gli 11 miliardi di fondi di emergenza (Ela) messi a disposizione dalla Bce per tenere in piedi il sistema creditizio greco. L'ipotesi è di difficile attuazione da un punto di vista strettamente tecnico ma, soprattutto, esporrebbe la Grecia al rischio concreto che l'Eurotower neghi quel soccorso finanziario necessario a posticipare la scadenza del debito, prevista a fine febbraio, da rimborsare ai creditori internazionali. La Bundesbank parla di «conseguenze fatali» per le banche se il governo decidesse di sospendere il piano di aiuti esistente. Questo spauracchio basta per far scattare la fuga degli investitori dalle banche, che peraltro devono anche fronteggiare l'esodo dei correntisti: il fuggi-fuggi è diventato in gennaio ancora più frenetico, con 8 miliardi di euro prelevati solo nell'ultima settimana.
È il sintomo palpabile del timore che i conti possano essere confiscati o di una patrimoniale in arrivo. Del resto, con Tsipras, nothing is impossible . Il neo premier lo ha già dimostrato facendo subito coriandoli del piano di privatizzazioni concordato dal suo predecessore con la troika Ue-Bce-Fmi. Bloccata la cessione del 30% della compagnia elettrica Public Power Company, la più grande public utility del Paese di cui lo Stato ellenico controlla una quota di maggioranza; stop alla dismissione della compagnia di distribuzione dell'energia elettrica Dei; e congelata anche la vendita del 67% del Porto del Pireo, un'operazione già avviata, per la quale erano rimaste in corsa quattro società tra cui la big cinese Cosco, e osteggiata dai camalli di Atene, uno dei bacini di voto da cui pesca Syriza.
«È proprio la rapidità decisionale del neo premier a spaventare i mercati - osserva Vincenzo Longo, market strategist di IG - : prima l'immediata intesa con Anel, ora il blocco delle privatizzazioni». Un ulteriore effetto collaterale sono i rendimenti dei bond greci: la scadenza a due anni ha visto i rendimenti decollare fino al 17%, mentre il decennale ha superato il 10%. Il tutto mentre Standard&Poor's ha messo Atene nel mirino, abbassando l'outlook da stabile a negativo, preludio a un possibile declassamento del rating (ora a livello B) che potrebbe scattare qualora le trattative con la troika si interrompessero. E, per la prima volta, un effetto-contagio si è avvertito anche sui tassi di Italia, Spagna e Portogallo. Sul nostro Btp decennale il rendimento ha sfiorato l'1,6% (1,54% martedì), complice l'impennata dello spread con il Bund, a quota 123 punti.
Tensioni che non si sono però scaricate sull'asta dei Bot a sei mesi, collocati dal Tesoro per 7 miliardi con rendimenti in calo allo 0,16% grazie a una forte domanda (12,18 miliardi). Debole invece Piazza Affari (-0,81%), che ha pagato dazio alla debolezza dei titoli bancari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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