La Turchia pronta a invadere la Siria

Trump si ritira da una guerra «ridicola» e lascia gli alleati curdi in balia di Erdogan

La Turchia pronta a invadere la Siria

Beirut Le truppe americane hanno iniziato a ritirarsi dal confine tra Siria e Turchia, dopo che il presidente Usa Donald Trump ha dato il via libera a una controversa operazione militare di Ankara nel nord-est della Siria che ha come obiettivo l'eliminazione dei principali alleati degli Stati Uniti nella battaglia contro l'Isis, i combattenti curdi. La decisione è avvenuta dopo una telefonata di Trump con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, domenica notte.

«È il momento per noi di sfilarci da ridicole guerre senza fine, molte delle quali tribali. È il momento di riportare i nostri soldati a casa», ha twittato Trump. «Combatteremo solo dove avremo benefici, e combatteremo solo per vincere. Turchia, Europa, Siria, Iran, Irak, Russia e i curdi dovranno risolvere la situazione e capire cosa vogliono fare con i soldati dell'Isis catturati». La Casa Bianca ha precisato che le truppe statunitensi «non sosterranno né saranno coinvolte nell'operazione» e «non saranno più nelle immediate vicinanze».

Le forze curde delle Ypg, poi rimodulate nelle Forze democratiche siriane, sono state un alleato fondamentale per Washington in Siria. Hanno contribuito a sconfiggere lo Stato islamico, ma Ankara li considera terroristi legati al Pkk turco. I curdi siriani hanno definito la decisione degli Stati Uniti una «pugnalata alla schiena». Ma Erdogan ha precisato gli obiettivi dell'operazione che sarà battezzata «Sorgente di pace». La Turchia è determinata a combattere i curdi nell'area di confine e creare una «zona sicura» per i rifugiati siriani che vivono attualmente in Turchia. Ankara ospita oltre 3,6 milioni di profughi fuggiti dalla guerra iniziata nel 2011. Vuole trasferirne fino a due milioni nell'area che si appresta a invadere.

Ma le preoccupazioni si sollevano su più fronti. Le Nazioni Unite si stanno «preparando al peggio», ha dichiarato Panos Moumtzis, coordinatore Onu per le operazioni umanitarie in Siria. L'Onu è in contatto «con entrambe le parti sul campo», la nostra priorità, ha detto, è che qualsiasi azione della Turchia «non abbia conseguenze sul piano umanitario». Anche l'Ue ribadisce la sua apprensione, ricordando di avere sempre detto che «ogni soluzione al conflitto non può essere militare ma deve passare attraverso una transizione politica, in conformità alla risoluzione Onu», ha spiegato una portavoce della Commissione europea. «L'Ue ribadisce il sostegno all'unità, la sovranità e l'integrità territoriale della Siria».

La mossa è stata duramente criticata anche da Brett McGurk, ex inviato anti-Isis degli Stati Uniti, dimessosi a fine 2018 contro l'annuncio di Trump di ritirare tutte le truppe dalla Siria. Su Twitter ha affermato che la dichiarazione della Casa Bianca mostra «completa mancanza di comprensione di qualsiasi cosa accada sul campo».

La promessa di Trump di ritirare tutte le truppe statunitensi dalla Siria aveva già provocato le dimissioni a dicembre di James Mattis, segretario alla Difesa degli Stati Uniti. Anche la senatrice repubblicana Lindsey Graham ha definito gli ultimi sviluppi un «disastro in atto». E ha aggiunto che un ritiro sarebbe una «macchia sull'onore americano per aver abbandonato i curdi».

Graham ha affermato che presenterà una mozione al Senato per opporsi alla decisione e chiederà che venga annullata. Trump ha affermato invece che la Turchia si assumerà la responsabilità dei 12.000 combattenti dell'Isis e di circa 58.000 donne e bambini detenuti dalle forze curde nel campo di Al-Hol, al confine con l'Irak.

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