Per i grillini la "manina" è un'ossessione. Che serva a metterci una toppa, come alibi o spranga con cui fustigare qualcuno poco importa: è il frutto prediletto dai pentastellati. E vale per ogni stagione. Per questo non stupisce l'ultima denuncia del vicepremier Luigi Di Maio in merito al boicottaggio del testo sul decreto fiscale. La manina era stata sventolata per il recente caso della Croce Rossa, ma soprattutto sul dl Dignità. In quell'occasione, siamo nel luglio scorso, il vicepremier aveva gridato al complotto puntando il dito contro i tecnici del Tesoro, rei, a suoi dire, di aver inserito i calcoli di quanti posti di lavoro sarebbero andati in fumo con l'approvazione del provvedimento. 80mila invece di 8mila. Uno zero di troppo, un numero sonnambulo, apparso nella notte prima che il dl venisse inviato al Colle. Poi il grillino aveva "protetto" Tria diffondendo un comunicato congiunto con il titolare del dicastero dell'Economia: "Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, non ha mai accusato né il Ministero dell'Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità. Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella "manina" che, si ribadisce, non va ricercata nell'ambito del Mef". Insomma, la manina c'è ma non si vede. Sembra un gioco di magia.
Eppure, è successo altre volte. Tornando indietro nel tempo le manine spuntano come funghi. Nel luglio del 2017, in merito alle misure sulla sicurezza stradale e sul ritiro della patente per chi usa il telefonino alla guida, il M5s denunciava: "Una misura fondamentale per la sicurezza e la salute dei cittadini che anche noi abbiamo chiesto di reintegrare perché una "manina" aveva tolto la norma dal testo di modifica del Codice di Sicurezza Stradale, in esame in questi giorni alla Camera". Nell'aprile 2017 sono scesi in campo sia Di Maio sia Grillo: entrambi agitavano lo spettro della manina, ma questa volta asserivano di conoscere a chi appartenesse. Tema del contendere il taglio dei poteri dell'Anac di Cantone. "#LaManinaPd inutile cercare la manina che ha tolto all'Anac i poteri sugli appalti. La manina è del Pd. Allergici all'anticorruzione", scriveva l'allora vice presidente della Camera a cui faceva eco anche Grillo sul blog. Nel luglio 2016 i pentastellati sono insorti anche sul ddl Povertà paventando l'avvento dell'ennesima manina che avrebbe fatto saltare la copertura economica per finanziare il reddito di cittadinanza. "Non basta qualche squallido giochetto di Palazzo Chigi per imbrogliare gli italiani. Il nostro emendamento è stato giudicato inammissibile in Aula, per parere negativo del governo, dopo essere stato accettato in commissione, con coperture certificate dalla Bilancio. Come mai? Perché tra i due passaggi sembra essere sparita una parte delle risorse di un Fondo speciale cui attingiamo per le spese necessarie?", si chiedevano i parlamentari del M5S.
Nel luglio 2015 i deputati grillini tuonavano: "Ci chiediamo come mai le manine che intervengono nottetempo sui decreti legislativi della delega fiscale tendano sempre a fare enormi regali ai grandi evasori". Infine, nel gennaio 2015, quando si discuteva in Aula della riforma della legge elettorale, i grillini presero di mira Valera Fedeli, allora vicepresidente del Senato: "Ha permesso il voto su un testo che all'ultimo momento è stato aggiornato con 20 righe che ripropongono contenuti precedentemente bocciati dall'Aula.
La modifica introdotta nella norma di coordinamento, immaginiamo da una manina governativa, poteva tranquillamente essere fatta alla Camera, visto che c'e' tutto il tempo per farlo, ma ancora una volta si è voluta forzare la mano e stravolgere il Regolamento, pur di portare a casa uno dei pilastri del Patto del Nazareno. Ancora una volta il governo è dominus su un Parlamento completamente esautorato", tuonava il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, Andrea Cioffi. Insomma, appuntamento alla prossima manina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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