E così il giallo del M5s divenne solo una sfumatura del rosso del «nuovo» Pd targato Nicola Zingaretti. Al netto degli spifferi di Palazzo che vorrebbero i due partiti pronti ad avviare un dialogo dopo le elezioni europee, il quadro che emerge dall'analisi dei programmi per l'Europarlamento disegna uno scenario di inaspettate «convergenze parallele» tra le proposte dei grillini e quelle dei dem. Il Movimento, sul portale dedicato alla campagna elettorale, ha lanciato un programma in 24 punti sintetici.
Sul sito del Pd, invece, si può trovare un documento di 20 pagine, suddiviso per aree tematiche, con tutte le idee per l'Europa del futuro. In alcuni casi, democratici e pentastellati utilizzano esattamente le stesse parole. Un esempio è sul tema della riforma delle istituzioni europee. Con «Parlamento e Consiglio» che devono essere «sullo stesso piano» sia per Luigi Di Maio, sia per Zingaretti. Entrambi i partiti puntano sul «salario minimo europeo», cavallo di battaglia del Movimento per la prossima legislatura di Bruxelles, ma inserito nel programma anche dal Pd.
I grillini sono più immediati, almeno nel linguaggio: «Con il salario minimo europeo - si legge nel programma dei Cinque Stelle - tuteliamo i giovani e aiutiamo le nostre imprese a competere in maniera equa nel mercato europeo». Il testo dei democratici è più arzigogolato. Si va dalla «piena attuazione del principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo», al contrasto del «dumping sociale e salariale attraverso la crescita dei salari per rafforzare il potere d'acquisto e la produttività in modo omogeneo e coordinato tra i vari paesi europei». Il succo del discorso non cambia. Pd e M5s titolano il paragrafo incriminato sotto la dicitura «salario minimo europeo».
La formulazione della proposta è sovrapponibile anche per quanto riguarda l'aumento dei fondi per l'Erasmus. Tutti e due i partiti scrivono che bisogna «triplicare» le risorse per il programma di mobilità studentesca. Di Maio e Zingaretti, poi, puntano sulla tassazione delle multinazionali. «Le multinazionali che lavorano in Italia devono pagare le tasse in Italia» è scritto nelle linee programmatiche grilline. Il Pd risponde: «I profitti delle grandi multinazionali, a partire da quelle dell'economia digitale, vanno tassati dove sono effettivamente realizzati e non spostati artificialmente in Paesi a bassa tassazione». Ancora una volta le frasi sono più contorte, il concetto è uguale. Passando all'ambiente, una delle Cinque Stelle originarie su cui è stato fondato il Movimento, l'approccio è simile. In entrambi i testi si parla di «economia circolare» e incentivi alle imprese green e energie rinnovabili. Soltanto che per il Pd, tornato al lessico della «ditta», bisogna favorire gli investimenti per la «transizione ecologica». Gli stellati annunciano «incentivi alle imprese che non inquinano». L'abbandono del carbone, evidenziato come fondamentale da Di Maio e Zingaretti, viene declinato in «decarbonizzazione» dal Pd, in «stop a fonti fossili» dal M5s.
Colpisce la scelta dei temi da portare all'attenzione degli elettorati, probabilmente considerati assimilabili.
Entrano nei programmi la cooperazione e lo sviluppo con i paesi africani e misure comuni europee per la lotta alla criminalità organizzata. Sull'immigrazione, questione che appare la più divisiva, la scelta è obbligata: distribuzione equa degli immigrati tra tutti i paesi membri dell'Ue. Allora bastava dirlo prima.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.