Utero in affitto, Vendola diventa papà E dà dello «squadrista» a chi lo critica

In California nasce Tobia Antonio, figlio del leader di Sel e del suo compagno Eddy. Salvini: «Egoismo disgustoso»

Roberto ScafuriRoma Volendola buttare sull'allegro, ché di fiocco azzurro si tratta, la migliore battutaccia che circolava ieri sul web è questa: «Un tempo i comunisti mangiavano i bambini, ora li comprano».Nichi Vendola è diventato papà. Auguri: dopo tanto penare, interviste che preludevano a un desiderio sempre più presente nella sua vita, anche politica - al punto da richiedere un evidente passo indietro dell'ex governatore pugliese e leader di Sel -, ecco che l'altra sera è nato Tobia Antonio, figlio naturale di Ed, compagno di Nichi, e di una mamma surrogata. Indiscrezioni non confermate parlano di un ovulo di proprietà di una donna californiana, mentre a farsi impiantare questo miracolo della genetica sarebbe stata una donna indonesiana. Già questi particolari - non importa poi il dettaglio - fanno capire quali temi etici siano in ballo e che frontiera sia stata oltrepassata, peraltro con un tempismo quasi sospetto con la legge sulle unioni civili in Italia.All'hashtag #vendola si susseguivano ieri commenti di ogni genere: dalle congratulazioni al presunto prezzo pagato per l'operazione (135mila euro); dal «questo per me non è futuro ma disgustoso egoismo» del leghista Salvini alla gioia della comunità gay all'anatema di Gasparri: «Questa è la sinistra italiana. A parole sono contro l'utero in affitto. Ma poi usano questo turpe metodo per inventarsi genitori dei figli di altri». In serata arriva via Facebook la replica di Vendola: Non c'è volgarità degli squadristi della politica che possa turbare la grande felicità che la nascita di un bimbo provoca».In realtà, il fatto che il donatore di seme sia il compagno di Vendola, Eddy Testa, di nazionalità canadese (paese nel quale è ammesso l'utero in affitto), rende la vicenda assai più complessa. Non a caso, anche molte delle femministe storiche italiane avevano visto nella pratica qualcosa di assai differente da quel che sognavano quando urlavano in piazza: «L'utero è mio e lo gestisco io». Con grande sincerità e coraggio toccava l'argomento uno degli esponenti più in ascesa in Sinistra italiana, il deputato Adriano Zaccagnini. Che pur formulando le sentite congratulazioni a Vendola e Testa, non esitava a dichiarare pubblicamente il proprio sconcerto: «Non condivido la tecnica della maternità surrogata, soprattutto se fatta dietro pagamento di denaro». È questo il discrimine, secondo Zaccagnini, che non sarebbe contrario «se una donna vuole per altruismo concedere il suo corpo per una gravidanza a una coppia che non può concepire un figlio... Ma per soldi diventa un lavoro come un altro». Le donne non si pagano, i figli non si comprano. Questo dice per il momento il senso comune.

Eppure i confini dell'umanità non sono mai sembrati così labili e confusi come adesso. Diritti civili e sfruttamento dei poveri s'intersecano senza soluzione di continuità. E il mondo non è mai sembrato così distante a ogni cambio di frontiera, di latitudine, di portafoglio.

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