Il "vaffa day" contro il Colle: "Si può votare già a luglio"

Falliscono le consultazioni al Quirinale. Così Lega e M5s guidano il fronte del ritorno immediato alle urne

Il "vaffa day" contro il Colle: "Si può votare già a luglio"

Il capo dello Stato dopo il terzo giro di consultazioni a vuoto si appella al senso di responsabilità dei partiti. E annuncia il varo di un governo neutrale. Ma Luigi Di Maio e Matteo Salvini rispondono «assente». E l'esecutivo nascente del Colle è, di fatto, già sfiduciato. M5s e Lega chiudono la giornata senza concedere spiragli a Sergio Mattarella, e così quando il sole se ne va la prospettiva di un voto balneare, con il ritorno alle urne a luglio (e lo spauracchio di un nuovo stallo post-elettorale) resta lo scenario più concreto del «vaffa day» contro il Colle.

Il lunedì di consultazioni era cominciato con tutti i protagonisti fermi sulle proprie posizioni. Quelle che, però, hanno impedito qualsiasi quadratura e accordo nei primi due mesi dopo il voto. Salvini, in particolare, arriva al Colle chiedendo l'incarico, e assicurando che il centrodestra potrebbe trovare i numeri per ottenere la fiducia. Numeri «al buio», perché con la prospettiva del ritorno alle urne gli eventuali «responsabili» ci pensano bene prima di fare un passo avanti e bruciarsi. Il leader leghista tenta anche l'ultimo vertice con Di Maio, ma non c'è verso di far cadere il veto pentastellato su Silvio Berlusconi. A quel punto, a consultazioni ancora in corso, Matteo e Gigino hanno praticamente annunciato il ritorno al voto. Indicando pure la data, in piena estate, l'8 luglio, che slitterebbe probabilmente al 15 o al 22. Quello che sembrava lo spauracchio per spingere le parti politiche a trovare la quadra, insomma, diventa improvvisamente lo sbocco dell'ultima, inutile giornata di tentativi per varare un esecutivo. Con tanto di «no» preventivo di leghisti e pentastellati ad appoggiare un eventuale «governo del presidente»

A quel punto però è proprio Mattarella che si prende la scena. Chiaramente indispettito dalla piega presa dagli eventi, il capo dello Stato annuncia la sua soluzione, dopo aver rimarcato l'«indisponibilità tra i partiti» a trovare una intesa politica, e la sua indisponibilità a dare il via libera a un governo di minoranza. Niente da fare con M5s e centrodestra per il niet a cinque stelle verso Fi. Zero possibilità di varare un governo tra Di Maio e Salvini con il leghista fedele agli alleati. Nessuno spiraglio tra M5s e Pd. Veto di Salvini e Meloni a un esecutivo di larghe intese tra centrodestra e dem. Così Mattarella, dopo due mesi di stallo tra veti incrociati, tentativi di accordi e trattative estenuanti quanto infruttuose, sbotta.

Chiude la porta anche al governo Gentiloni, che «ha esaurito la sua funzione». E detta la sua ricetta: «Può essere utile dare altro tempo ai partiti per trovare un accordo, ma nel frattempo chiedo che consentano con la fiducia la nascita di un governo neutrale». Assicurando, pure, che «laddove si formasse una maggioranza parlamentare, questo governo si dimetterebbe». E l'esecutivo del presidente avrebbe comunque una scadenza chiara anche in mancanza di una maggioranza politica. Dicembre, «dopo la manovra di bilancio», per stoppare l'aumento dell'Iva e il rischio di «effetti recessivi». E potrebbe portare al voto, ma «non prima dell'estate». L'alternativa, per Mattarella, è il ritorno alle urne. Comunque in autunno, perché «si è sempre evitato di fare elezioni in estate», quando gli italiani sono in vacanza.

La mossa è fatta. Ma l'assist del Colle finisce respinto al mittente a strettissimo giro di posta, proprio da Carroccio e M5s.

Con Salvini che su Twitter replica al «governo neutrale» reclamando un «esecutivo coraggioso e determinato» e taglia corto: «o si cambia o si vota». E Di Maio che, in fotocopia, cinguetta: «Nessuna fiducia a un governo neutrale, sinonimo di governo tecnico. Si vada al voto a luglio».

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