Il vaffa di Grillo al premier Ma dietro il successo, il nulla

Il comico esulta per il ko renziano e sorride amaro: la squadra di governo non è pronta, i suoi deludono

Se davvero è tra i vincitori, Beppe Grillo è quello che ha più paura della vittoria. Prima di festeggiare gli exit poll della notte, chiude la campagna elettorale con l'elogio del fallimento che «è poesia», della sconfitta che può essere «straordinaria e ci darà ancora più forza», assicura nel giorno del voto che «l'importante, se dovessimo perdere, è non dare colpe a nessuno». S'è mai visto un favorito della corsa per il No che cerca di esorcizzare un trionfo? Il fatto è che questo risultato metterebbe alla prova davvero il M5S.

«Qui è partito il trenino. Di Maio fa la locomotiva, Dibba il vagone ristorante e Crimi se l'è mangiato», scrive su Twitter Grillo, con l'euforia del momento. Ma se si guarda alle spalle, il leader vede colonnelli come Di Maio e Di Battista e non riesce ad immaginarli nella stanza dei bottoni. Vede soprattutto Virginia Raggi, la sindaca di Roma che ha testato la capacità di governo del M5S con risultati avvilenti. E vede l'impresa di concepire un programma per costruire e non solo per distruggere. È molto più difficile che fare il guastatore, il mattatore dell'antipolitica nelle piazze e allora la verve di comico del Vaffa si sgonfia. Beppe la squadra da portare al Quirinale e il programma da presentare al parlamento sa di non averli. A chi glielo chiede quando va a votare nel pomeriggio a Genova, risponde tra una battuta e una leccata alla matita copiativa, che sarà il popolo del web a decidere. «Da martedì cominceremo sulla rete a condividere il programma su energia, politica estera, difesa. Stiamo lavorando sulle persone, sarà la rete a scegliere».

La vaghezza delle frasi di Grillo, il tono improvvisamente basso, lontano dalle solite urla, vogliono dire una sola cosa: è troppo presto. La forza politica principale del fronte del No, se è vero che in 2 anni e mezzo di renzismo s'è rafforzata, ha scelto di muoversi con prudenza nel Paese comunque «spaccato». Prima di dati certi, solo la lode alla «grande partecipazione», di Fico.

Meglio chiedere la testa di Renzi, senza pretese di entrare al suo posto. Piuttosto, invocare elezioni anticipate subito, l'unica cosa certa e annunciata dai pentastellati. Prendere tempo, mentre qualcun altro sbroglia la matassa della legge elettorale per arrivare al voto. Difficile che il M5S si sieda al tavolo per cambiare l'Italicum, si accordi con gli altri dell'«accozzaglia», come l'ha chiamata Renzi, o proprio con il premier sconfitto, definito sul blog «una scrofa ferita che attacca chiunque veda». Però una cosa è certa: una nuova versione della legge, non sarà mai così vantaggiosa per il M5S. Se cambia e in senso proporzionale, scomparirà il premio di maggioranza che rendeva così potente il partito vincitore. I voti di Grillo, allora, conteranno per quelli che sono.

Insomma, pare che la vittoria del No riapra gli occhi di fronte alla realtà a chi è partito per un'avventura quasi impossibile e, ora che ha sbaragliato gli avversari, si ritrova davanti al castello senza saper che fare.

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