Dentro, fuori, dentro e fuori. La giornata da inside out di Fratelli d'Italia si chiude nel tardo pomeriggio, e chiude il cerchio di un mese nel quale, di fronte alle trattative gialloverdi per il contratto di governo tra M5s e Lega, Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d'Italia sono rimasti incerti se restare alla finestra o bussare alle porte del cantiere per l'esecutivo, restando sulla soglia fino alla fine salvo, sulla linea del traguardo, dopo tanto camminare in bilico tra le due posizioni, scegliere l'opzione ibrida. Annunciando una «probabile astensione», ossia un atto non ostile al faticoso parto del governo. A dirlo proprio la presidente a fine giornata, spiegando alla stampa che «presumibilmente ci asterremo sul voto di fiducia per aiutare l'esecutivo a nascere, perché, come abbiamo sempre detto, un governo politico è meglio di uno tecnico».
Ma, appunto, la giornata era cominciata sotto diversi auspici. Con la Meloni che cancella gli appuntamenti già fissati in Puglia e va a Montecitorio per incontrare il leader del Carroccio, Matteo Salvini. I rumors in mattinata vedono la numero uno di Fdi papabile presente al vertice tra Salvini, Di Maio e Conte. Si profila, insomma, un allargamento della maggioranza che sostiene il governo. E i segnali in quella direzione si moltiplicano. Sembra arrivare persino il via libera pentastellato, quando il deputato M5s Carlo Sibilia, sul punto, non mostra chiusure: «Se si sta al contratto, la discussione è aperta a tutti e nel governo può stare anche Fratelli d'Italia», taglia corto. Poi arriva un altro big del partito della Meloni, il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, e conferma che dopo l'incontro con Salvini «abbiamo dato la nostra disponibilità a rafforzare il governo, anche in considerazione della situazione drammatica che si prospetta per l'Italia, da una parte la possibilità del voto a luglio e da un'altra il possibile attacco finanziario».
Una discreta giravolta. Se all'inizio di maggio Fdi sembrava poter entrare nel balletto a due tra M5s e Lega, successivamente la Meloni aveva preso le distanze e non lesinato critiche al possibile esecutivo gialloverde. Così La Russa spiega che «stiamo modificando il nostro giudizio su questo governo, perché nel programma ci sono cose che non convincono ma altre che fanno parte del programma che abbiamo sottoscritto con il centrodestra». E insomma le cose sembrano cambiare. Si parla anche di un ministero destinato a Fdi, forse la Difesa, forse proprio per la leader. Nel frattempo dai grillini - sia dalla base che da alcuni esponenti - si sollevano dubbi e perplessità sull'allargamento dell'«alleanza», e qualcuno ipotizza che la mossa sia solo un escamotage di Salvini per portare a una nuova rottura e tornare al voto. Insomma, i giochi si complicano, invano Guido Crosetto si mostra ottimista, ipotizzando un imminente varo del governo ma negando «posti riservati» per Fdi. «Non sono ministro della Difesa, se Fratelli d'Italia entrasse al governo c'è già Giorgia», giura Crosetto a Un giorno da pecora su Radiorai. Ma il muro pentastellato è inamovibile, il veto resta, e d'altra parte pure la base Fdi sui social mostra che non avrebbe gradito.
Così alla Meloni non resta che provare ad
addolcire la pillola. Annunciando l'astensione. «Mai chiesto poltrone», giura, ma non esclude che lo abbia fatto per lei Salvini. Quanto al veto M5s, chiosa: «Va bene. Ma non mi fa ben sperare per il futuro del governo».
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