«Quello che non mi uccide mi fortifica» - ripeteva Friedrich Nietzsche. Non sappiamo se varrà anche per un Donald Trump che i 74 anni di età e una corporatura decisamente sovrappeso trasformano in un paziente ad altissimo rischio. Ma al di là delle conseguenze fisiche - con cui si misurerà lo stuolo di medici e virologi della Casa Bianca - quel che tutti vorrebbero capire sono le conseguenze politiche ed elettorali di un morbo abbattuttosi come una nemesi su un presidente pronto, fino a pochi giorni fa, a negare e sminuire pericolosità e gravità del virus. Da questo punto di vista il contagio, manifestatosi a soli 32 giorni dal voto, sembra decisamente un colpo fatale. Nella migliore delle ipotesi Trump non potrà tornare in pista prima di quindici giorni. E se anche riuscirà a farlo non potrà continuare dribblare la questione Covid spostando l'attenzione sull'economia, sulla Cina o sui disordini causati dalle proteste anti-razziali e dai movimenti «antifa». Come dire sconfitta garantita. Ma poi c'è l'imponderabile. E quello, in guerra come in politica, può sempre ribaltare gli schemi finendo con il dar ragione al vecchio Nietzsche. Soprattutto se accompagnato dal «fattore umano», l'elemento più nascosto e imprevedibile di ogni competizione. Un elemento su cui già oggi sembra scommettere l'inquilino della Casa Bianca. Per capirlo basta leggere tra le righe di quei tweet che Trump non ha mai nascosto di considerare l'arma più efficace per comunicare e, insieme, colpire gli avversari. «We will get through this TOGETHER» - ovvero «Supereremo questo INSIEME» - twittava ieri Donald annunciando la malattia . «We will all get through this together» - «Supereremo questo tutti insieme» - gli faceva eco la moglie Melania. Quanto basta per intuire che su quell' «insieme» si giocherà la strategia di Potus per restare in ballo. «Insieme» in quel tweet diventa la parola magica per mettersi al livello degli altri americani dimostrandosi vulnerabile come loro - e quindi uguale a loro - davanti a un male capace di piegare la nazione trasmettendosi dall'ultimo al primo cittadino. «Insieme» significa pronto a reagire, come saprà reagire l'America quando riuscirà a scrollarsi di dosso questa maledizione. «Insieme» equivale a sussurrare «datemi fiducia per altri quattro anni e consentitemi di curare l'America come sto curando me stesso».
Certo illudersi di potere accendere la solidarietà popolare dopo aver sottovalutato e negato una malattia che manda all'altro mondo mille americani al giorno è una bella pretesa. Soprattutto per un presidente che anche quando giocava all'imprenditore da «reality show» ha sempre preferito anteporre la freddezza mananageriale a quella solidarietà umana su cui tenta ora si scommettere. Senza contare l'altra battaglia, quella combattuta dal Presidente tra le stanze di una Casa Bianca dov'è recluso assieme alla moglie. Per intravvederne i contorni basta la goccia di veleno femminile di cui è intriso il tweet di Melania. «As too many Americans have done this years , @potus & I are quarantining at home» ovvero «come troppi americani hanno fatto quest'anno @potus ed io siamo in quarantena a casa».
In quel «troppi» c'è la staffilata di Melania a un marito che non ha rinunciato a tirarsi dietro, quando era ormai sospettosamente raffreddata, Hope Hiks l'ex-modella, amica dell'odiata figlia Ivanka che Trump ha trasformato in affascinante consigliera. Un peccato che non solo Melania, ma anche tanti americani, non sono disposti a perdonargli.
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