Virzì e i vip delusi da M5S: «Violenti e antidemocratici»

Il regista guida i tanti uomini di spettacolo che si sono accorti (tardi) di chi sono davvero Grillo & C.

Virzì e i vip delusi da M5S: «Violenti e antidemocratici»

«Tutta la vita davanti», ma nessun grillino dietro. Paolo Virzì pare lo abbia capito da un pezzo, ma è solo qualche giorno fa che ha avuto un'altra pazza idea, cosa che nel cinema italiano è rara. L'idea è: dire pubblicamente quello che pensa del Movimento Cinque Stelle e del sui comico leader, Beppe Grillo. Vinceranno le prossime elezioni politiche? Pare proprio di sì. Virzì attacca, comunque. In sintesi ecco cosa pensa del Movimento e dei suoi capi: «È una non democrazia, è un'azienda con due proprietari: un comico dal profilo etico discutibile, vista la sua pesante storia giudiziaria della quale stranamente non si parla mai, e un tizio che ha ereditato dal padre un'agenzia che lavora nel web». Ancora, più preciso: «Sono stato l'unico regista inserito in quello sputificio del suo sito, con foto e commenti che mi auguravano la morte. Venni avvicinato da alcuni militanti grillini: iniziarono a inveirmi contro e a dirmi con rabbia che i film me li finanziano il Pd e Renzi». L'agguato avvenne al mercato della Garbatella, quartiere romano dei «Cesaroni» e delle avanguardie pentastellate. Ma anche primo Municipio romano a veder cadere una «giunta» grillina. Virzì non si ferma, spazia verso Livorno, città sua e ora pure di un sindaco del M5S: «Nogarin? Si definisce ingegnere aerospaziale ma mi risulta riparasse pc e avesse talento soprattutto nell'organizzare aperitivi rinforzati». Amen. Se Virzì decide di denunciare, in un'intervista domenicale al Messaggero, il pericolo grillino, è per un motivo preciso: il regista de La pazza gioia, fresco trionfatore ai David di Donatello, si è stufato di sentire i suoi «amici del cinema» sparare a zero su Grillo e i suoi, ma solo in privato. Sparlano, ma non si sbilanciano, non sia mai: lo spettacolo ha le sue regole, non bisogna andare allo scontro con gli eserciti pentastellati pronti a lanciare campagne velenose sui social. E allora niente, i vari Massimo Ghini, Francesca Archibugi, Cristina Comencini se possono (e possono) si defilano: magari a tavola ringhiano, ma in pubblico per ora non mordono.

Qualche anno fa le eccezioni c'erano, ma i Cinque Stelle non veleggiavano oltre il 30%. Era il 27 aprile 2010 quando lo sceneggiatore Francesco Piccolo osava dire che «Grillo era un maestro di populismo». Ora ci si guarda bene perfino dal dire qualcosa di ostile nei confronti della triade d'attori riconosciuta da tutti come grillina doc: Elio Germano, Riccardo Scamarcio e Claudio Santamaria. Poi, certo, c'è chi ha vinto un Oscar e se lo può permettere. Toni Servillo, intervistato l'8 giugno 2013 da Lilli Gruber (La7): «Mi piace Grillo? No, non mi piace il suo linguaggio e il suo tono. Non mi piace la violenza di quel linguaggio». Seduto al suo fianco Paolo Sorrentino, regista della Grande Bellezza, confermava: «Anche a me non piace». Lontano dal cinema le cose sembrano leggermente diverse: Jovanotti ha abbracciato il «renzismo» e del pericolo Grillo parla, almeno fino a oggi, con una certa frequenza. Davanti alle telecamere, a vario titolo, hanno denunciato il pericolo i giornalisti Corrado Augias ed Enrico Mentana, ma pure l'ex politica e vincitrice dell'Isola dei Famosi Vladimir Luxuria e il comico Daniele Luttazzi.

Chi invece non molla è Sabrina Ferilli, già impegnatissima a sinistra. E impegnata in una nuova missione: sostenere con il voto la grillina Virginia Raggi.

In fondo faceva una certa tristezza anche in Tutta la vita davanti, un film di Paolo Virzì.

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