Roma - Agli italiani serviranno 100 miliardi di euro all'anno (99 per la precisione) dal 2017 al 2057 per assicurarsi uno standard di vita adeguato una volta usciti dal mondo del lavoro. È quanto emerge da una ricerca della compagnia assicurativa Aviva sui gap pensionistici in Europa, cioè sul differenziale tra l'ultima retribuzione percepita e l'assegno previdenziale.
Questa stima implica che i circa 22,7 milioni di lavoratori italiani (valore che nei prossimi anni dovrebbe restare invariato causa andamento lento dell'economia) dovrebbero risparmiare annualmente 4.350 euro (4.348,78 in particolare), cioè 334 euro per ogni mensilità percepita tredicesima inclusa. Le cifre non variano molto ove il gap pensionistico venisse messo in carico ai 25 milioni di italiani che di qui al 2057 dovrebbero ritirarsi dal lavoro. La cifra annua da risparmiare scenderebbe a 3.960 euro, cioè 304 euro su ogni stipendio. Se ne deduce, perciò, che per assicurarsi una vecchiaia serena ogni italiano che oggi è al lavoro dovrebbe iniziare a risparmiare da subito mediamente 300 euro al mese (600 euro a dicembre quando incassa la tredicesima).
Osservando questi numeri l'ultimo pensiero che può saltare in mente è sicuramente quello relativo al fatto che l'italiano medio sia più fortunato dei suoi concittadini europei. L'incidenza dei 99 miliardi di gap pensionistico sul Pil italiano è del 6%, distante anni luce da quelli di Francia (11%), Gran Bretagna (13%), Germania (15%) e Spagna (17%). Merito, o demerito (dipende dai punti di vista), di una spesa pubblica per il capitolo pensioni che ha raggiunto il 15,8% del Pil, a fronte di una media Ocse del 7,9 per cento.
Il confronto internazionale non tragga, però, in inganno. Il tasso di sostituzione delle pensioni italiane (il rapporto tra assegno pensionistico e ultimo stipendio) è stimato al 49% l'anno prossimo e dovrebbe scendere al 44% nel 2047, a dieci anni dalle fine del periodo analizzato da Aviva. Il fatto che la ricerca si concentri su valori medi fa ben comprendere inoltre che nel prossimo futuro per molti la pensione sarà ben lontana dalla metà dell'ultima retribuzione, soprattutto per i 30-40enni.
Attrezzarsi per tempo, dunque, conviene a meno che non intervengano elementi nuovi. La ricerca della compagnia assicurativa, infatti, elenca due fattori principali che potrebbero abbassare il gap pensionistico. Il primo è la riduzione ulteriore del tasso di sostituzione (desumibile oggi dalle buste arancioni inviate dall'Inps): se il 50% diventasse il valore universale, il problema sarebbe risolto. Ma è difficile, al momento, pensare che le opzioni proposte dal presidente dell'Inps, Tito Boeri (che vorrebbe penalizzare i «retributivi») possano essere accolte. Difficile, inoltre, pensare che l'età pensionabile, in periodo di «flessibilizzazione», possa essere ulteriormente allungata, a meno che non si pensi di eliminare totalmente le pensioni di anzianità.
L'unica strada resta quella del risparmio. In Italia, a fronte del 44% che esprime preoccupazione, solo il 35% si sta preparando.
Il 33% del campione intervistato da Aviva utilizzerà la prima casa come fonte di reddito, mentre il 19% ricorrerà alla pensione privata e il 18% sta risparmiando regolarmente. Un 18% da elogiare perché con i contributi di oggi paga le pensioni di ieri e con il risparmio accantona la sua vera pensione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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