A volte anche i peggiori ritornano: Ahmadinejad si ricandida alla presidenza

Il leader che voleva «cancellare Israele dalle mappe» sfida il veto di Khamenei

A volte anche i peggiori ritornano: Ahmadinejad si ricandida alla presidenza

A volte tornano, come Mahmoud Ahmadinejad per otto anni presidente dell'Iran, che si ricandida allo scranno più alto di capo della stato della Repubblica degli ayatollah. Un colpo di scena dell'ex Pasdaran visto come il diavolo da Israele e ancora oggi ricordato dalla comunità internazionale per il braccio di ferro sul nucleare iraniano.

Ieri, a sorpresa, Ahmadinejad ha registrato anche il suo nome nelle liste elettorali aperte fino a sabato. In realtà era andato ad accompagnare all'iscrizione al ministero dell'Interno il suo ex vice presidente, Hamid Baghaie, candidato che da tempo aveva annunciato di sostenere.

A differenza di quello che si crede in Occidente, Ahmadinejad non è il rappresentante dei conservatori, ma piuttosto un populista di stampo grillino in salsa iraniana. Non a caso la guida suprema del Paese, il grande ayatollah Alì Khamenei, gli aveva intimato di non presentarsi alle presidenziali per «evitare di polarizzare la scena politica». Ahmadinejad aveva detto di voler ubbidire, ma ieri ha giustificato il voltafaccia sostenendo che quello della Guida suprema «era un consiglio, non un divieto. Mi sono registrato solamente per appoggiare mio fratello Hamid Baghaie». La mossa dell'ex presidente sarebbe unicamente propagandistica a favore di un candidato «zoppo». Baghaie non gode di buona fama per alcuni mesi passati in carcere nel 2015 con un'accusa di corruzione.

I meandri della politica iraniana, però, sono oscuri. Il ritorno sulla scena di Ahmadinejad potrebbe essere un segnale di spaccatura della frangia conservatrice. I falchi non hanno ancora annunciato un candidato comune per strappare la presidenza al mal sopportato riformista Hassan Rohani. Il toto candidati dei conservatori punta su Ebrahim Raisi, custode del santuario dell'Imam Reza di Mashad. Tempo fa si era parlato anche dell'asso nella manica di una donna, Marziyeh Vahid Dastgerdì, ex ministro della sanità sempre coperta dal chador. Il problema è che la compagine dei fedeli di Khamenei sarebbe spaccata e Ahmadinejad servirebbe a far emergere il malumore sparigliando le carte. Neppure il presidente uscente, Rohani, ha ancora registrato la ricandidatura.

Ahmadinejad ha guidato l'Iran dal 2005 al 2013. Al secondo mandato con l'ombra dei brogli ha usato il pugno di ferro massacrando centinaia di oppositori che protestavano per la sua rielezione nelle strade e dopo averli arrestati. Ometto basso e segaligno con la barbetta spruzzata di bianco e i capelli lisciati ogni mattina, è un ex Guardiano della rivoluzione che ha combattuto contro l'Iraq di Saddam Hussein. Famoso per i suoi completini o il giubbotto grigi rigorosamente senza cravatta, nessuno dimentica le sue frasi shock su Israele. Da presidente ha minacciato lo Stato ebraico auspicando la «sua scomparsa dalle mappe geografiche» e minimizzato lo sterminio ai tempi di Hitler. «Se c'è un serio dubbio sull'Olocausto, non c'è nessun dubbio sulla catastrofe e l'olocausto che vivono i palestinesi», aveva dichiarato riferendosi a Israele.

Proprio Ahdaminejad ha dato il via al programma nucleare iraniano, ma una volta messo da parte dal suo ex mentore Khamenei è tornato tranquillamente a prendere l'autobus per andare a insegnare all'università di Teheran.

Disegni nascosti o meno, la sua candidatura, come quella di tutti gli altri, dovrà passare le forche caudine del Consiglio dei guardiani, pilotato da Khamenei, che da domenica si riunisce per decidere chi potrà partecipare alle elezioni e chi no.

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