Il governatore Luca Zaia è per sua natura un mediatore, ma sul decreto Di Maio e le lamentele degli imprenditori veneti per i problemi creati dall'irrigidimento delle regole sui contratti a tempo, al leghista tocca fare gli straordinari. Zaia non può bombardare il governo di cui fa parte Salvini, per ovvie ragioni, come invece fanno il segretario della Liga Veneta Toni Da Re («É un decreto che taglia le gambe alle imprese, la precarietà non si combatte così») e altri big leghisti locali, in scia alle associazioni imprenditoriali venete (bacino elettorale di Zaia, a cui infatti si appella Confindustria Veneto) tutte sul piede di guerra contro le norme firmate dal vicepremier M5s. Così il governatore, popolarissimo in Veneto ma anche in ottimi rapporti con Salvini, non resta che esercitare l'arte del compromesso: «Il precariato è un male dei nostri tempi, ma spero che in Parlamento ci sono proposte di miglioramento e che venga fuori un bel decreto ascoltando anche le istanze delle imprese». Con il suo stile prudente e da militante leghista che non discute mai la linea del capo, Zaia però si ritaglia anche un ruolo di voce autonoma rispetto al governo leghista, uno spazio di manovra che non ha più nessuno dentro il Carroccio salvinizzato e che il governatore mantiene grazie ad un consenso elettorale molto forte.
Anche se, appunto, i fronti su cui Zaia si trova su posizioni diverse dal governo pentaleghista non mancano. Le frizioni nascono ovviamente dalla componente M5s dell'esecutivo, senza però che Zaia possa mettersi troppo in contrapposizione, per non creare strappi all'interno del suo stesso partito. Un nodo è quello delle infrastrutture. Il governatore leghista è sceso recentemente a Roma per incontrare il ministro grillino delle Infrastrutture Danilo Toninelli con in mano un fascicolo composto da quattro dossier: il Mose, la Pedemontana veneta, il contratto con Trenitalia e la cessione delle strade del Veneto ad Anas. Tutti fronti caldi per il M5s, in particolare a superstrada Pedemontana che per Zaia non si tocca «Per il Veneto è un'opera fondamentale»), ma che i grillini veneti cercano di bloccare con tutte le loro forze («È uno sfregio alla terra veneta e con 15 miliardi di costi rischia di essere un Mose 2» accusano i pentastellati in Regione Veneto). Zaia conta sulla linea più morbida del M5s governativo rispetto ai grillini locali, non vincolati da patti di governo. Ma anche sulle Olimpiadi Zaia è impegnato in un braccio di ferro con gli «alleati» grillini , che lavorano per l'assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 a Torino (città della sindaca grillina Appendino), mentre il governatore leghista spinge per Cortina («È una candidatura di livello ma low cost, costerebbe 380 milioni in investimenti pubblici contro i 670 di Torino»). Infine c'è anche il capitolo «autonomia», che il Veneto (come pure la Lombardia) ha votato in massa con un referendum l'anno scorso.
Zaia può contare ovviamente sull'appoggio di Salvini, ma sente comunque puzza di bruciato: «Magari è solo una sensazione, ma sento fare da alcuni azzeccagarbugli ipotesi che i veneti non possono accettare. Abbiamo chiesto 23 materie, su quelle si tratta». Avvertimento ai compagni di governo di Salvini. Mediare va bene, ma c'è un limite.
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