Quello che sta avvenendo per l'accordo Alitalia-Etihad, bloccato dai sindacati, è uno spettacolo peggiore della partita con l'Uruguay con cui l'Italia è uscita dai mondiali di calcio. Il premier Renzi aveva assicurato che il problema degli esuberi Alitalia sarebbe stato risolto al più presto, senza altri oneri per il contribuente. Per fortuna non tutta la «nazionale sindacale» è però rimasta immobile: mentre Cisl, Uil e Ugl in serata accettavano l'ultima mediazione del governo, firmando il piano che consente il risultato positivo delle previste nozze di Alitalia con Etihad, la Cgil continuava a fare «melina». Ciò che i tre sindacati più responsabili hanno firmato era il risultato di una trattativa che si era trascinata dalla notte precedente: il ministro Poletti aveva anche ipotizzato che mille dei 2.251 lavoratori considerati in eccesso sarebbero stati piazzati in altre aziende pubbliche (pare le Poste), non si sa bene a far che. I restanti 980 addetti sarebbero invece stati posti in cassa integrazione straordinaria per un periodo limitato, ma i sindacati non erano d'accordo nel concedere l'assenso alla loro mobilità al termine di tale periodo. L'azienda che nascerà dall'accordo Alitalia-Etihad ne voleva infatti garantita la licenziabilità. Dall'altro lato la Cgil, guidata da Susanna Camusso si opponeva anche alla soluzione proposta per i mille esuberi sistemati altrove, e voleva prorogare la discussione, perché non si fidava.
Così i tre sindacati Cgil, Cisl e Uil, uniti nel voler sistemare tutti gli esuberi, si sono divisi: Bonanni (Cisl) e Angeletti (Uil) che invocavano Renzi affinché chiudesse la vertenza entro ieri sera, mentre la Cgil voleva andare avanti almeno sino a martedì, quando arriverà in Italia l'amministratore delegato di Etihad per la firma dell'accordo. In serata il governo - con Renzi e i ministri Lupi e Poletti - ha poi trovato con Alitalia una nuova soluzione, che evita la cassa integrazione straordinaria. Dimostrando, per il vero, una certa timidezza. Infatti il decreto di concessione di tale cassa integrazione avrebbe potuto escludere la necessità dell'adesione dei sindacati alla messa in mobilità degli addetti Alitalia considerati esubero, stabilendo soltanto un preavviso di tre mesi da parte dell'azienda. Comunque, la nuova proposta rappresenta un'ulteriore concessione al sindacato, perché dei 2.251 esuberi 616 saranno ricollocati nel perimetro aziendale, 681 «esternalizzati» entro il 31 dicembre prossimo, e 954 saranno posti in mobilità sperimentando i nuovi contratti di ricollocamento. Cisl, Uil e Ugl hanno dato la loro adesione immediatamente; la Cgil ha invece appunto chiesto altri tre giorni di tempo. Non si è curata del rischio che Etihad si ritiri dall'accordo, non avendo la certezza che il sindacato non continui a piantare i bastoni fra le ruote. Essa non ha infatti la maggioranza della nuova compagnia che le permetterebbe di usare la mano dura, come possono fare le grandi multinazionali, che via via sempre più comperano le nostre grandi e medie imprese, che gli industriali italiani non sono più in grado di gestire di fronte ai veti sindacali.
Occorre, dunque, che il governo dimostri di essere capace di superare il veto della Cgil. E questa è la fine della vertenza, che si deve auspicare per porre termine a una vicenda che è costata miliardi su miliardi alle nostre casse pubbliche. Infatti incombe una preoccupazione. Che la sconfitta del governo, di fronte al veto posto dalla Cgil, metta in evidenza l'incapacità della maggioranza parlamentare che regge l'esecutivo di cominciare da qui la riforma del mercato del lavoro. Ciò porrebbe l'Italia in pessima luce, avvicinando il momento in cui potrebbe essere commissariata dall'Unione europea e dal Fondo monetario internazionale, come è peraltro accaduto alla Grecia e al Portogallo. Il Fondo monetario sta già mandando segnali in tal senso. Dato che il debito pubblico è ormai al 135% del Pil, rischiamo di essere considerati a rischio eccessivo, se non faremo le riforme economiche e il prodotto interno lordo non crescerà. E fra queste riforme urge quella del mercato del lavoro, stabilendo la piena legittimità dei contratti aziendali decentrati e il principio della mobilità sulla base di una congrua indennità.
La cassa integrazione straordinaria andrebbe concessa soltanto quando vi è bisogno di una reale ristrutturazione e non per consentire ai lavoratori di non essere mai licenziati.Perdere l'odierna partita con Cgil per il governo sarebbe una pessima pagina. Renzi deve rompere per davvero il cordone ombelicale, che ancora perdura, fra il suo Pd e la Cgil.
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