da Roma
Sull’arresto di Stefano Ricucci i commenti arrivano col contagocce. Ha scelto il riserbo la moglie Anna Falchi mentre il fratello di lei, Sauro Falchi socio in affari della bella attrice si chiude dietro un brusco «no comment».
Anche il mondo politico sembra voler aspettare gli sviluppi di una situazione spinosa. Il primo a farsi avanti con spirito garantista è Benedetto Della Vedova, il leader dei Riformatori Liberali, una voce che si leva dal centrodestra.
«I magistrati che hanno richiesto e deciso l’arresto di Ricucci rendano pubbliche al più presto le motivazioni di un provvedimento così pesante», dichiara Della Vedova.
Il leader radicale sottolinea l’urgenza e la necessità di rendere pubbliche le ragioni dell’arresto. «Il fatto che l’arresto di Ricucci coincida con una serie di movimenti sulle quote di Rcs ancora possedute dall’immobiliarista romano - spiega Della Vedova - rende ancora più urgente, non solo nell'interesse di Ricucci, ma del mercato, che la ragione del provvedimento sia resa pubblica e conoscibile».
E il radicale ricorda quanto è accaduto negli ultimi mesi in riferimento alle vicende sia della Banca Antonveneta sia di Unipol che hanno tenuto banco sulle prime pagine dei giornali.
«Non vi è osservatore che non veda che Giuseppe Fiorani ha scontato 4 mesi di carcerazione preventiva - dice Della Vedova -. Mentre Giovanni Consorte, oggetto di imputazioni analoghe e altrettanto gravi, è ancora, almeno lui, a piede libero».
Trattamento diverso, sottolinea Della Vedova, per Ricucci che «oggi varca la porta del carcere dopo che tutte le sue manovre, lecite o illecite che fossero, sono già state ampiamente neutralizzate».
Dunque due pesi e due misure che non piacciono al leader radicale. «Noi continuiamo a sperare che in Italia i responsabili di gravi reati finanziari vadano in carcere a scontare la pena dopo essere stati condannati e non prima - conclude -. In Italia, a quanto pare sembra valere la regola contraria».
Di tono diverso il commento dell’ex magistrato di Mani pulite, Antonio Di Pietro. «L’arresto di Stefano Ricucci mi ricorda quello di Mario Chiesa nel '92 - dice il leader dell’Italia dei valori -. Per un paio d’anni si avvertirono gli scricchiolii di un sistema corrotto e pieno di malaffare e, la politica, invece di intervenire stava a guardare come se nulla fosse. Poi è arrivata la magistratura e c'è stata una catarsi giudiziaria di cui c'era bisogno».
Per Di Pietro «da allora ad oggi la politica non ha fatto nulla per curare la malattia e mi pare che il ritorno della magistratura sia un atto doveroso. Ho l'impressione che prossimamente assisteremo a un’altra frana per quel che riguarda gli interventi giudiziari per ritrovare la legalità nel Paese».
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