Il Polo: indietro non si torna Ora via al federalismo fiscale

Il ministro Tremonti: «Le Regioni dovranno gestire entrate e uscite in modo autonomo. E tanti sprechi finiranno»

Emanuela Fontana

da Roma

Se l’approvazione del ddl sulla devoluzione è il punto di partenza, il federalismo fiscale sarà il primo punto di arrivo. Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha puntato subito all’aspetto pratico del dopo-approvazione, entrando direttamente nel vivo della riforma passata mercoledì al Senato. Mentre l’Unione va al contrattacco e l’Udc mantiene intatte le sue perplessità («Ho l’impressione che il referendum non confermerà questa legge», dice Bruno Tabacci), il ministro ha rilanciato dunque la fiscalità regionale: «Il federalismo fiscale è un punto molto importante - ha chiarito -. Non si può tornare indietro. Il passo successivo è, ferma tutta la solidarietà necessaria, far sì che chi spende abbia anche a dover riprendere», cioè che le Regioni gestiscano entrate e uscite in modo autonomo. Sarà questa una via, è convinto Tremonti, per ridurre gli sperperi: «Vedrete che allora tanti sprechi non si faranno più. Tante Regioni che hanno le missioni all’estero vadano dai cittadini a spiegare che hanno gli ambasciatori e il palazzo della Regione». Sul referendum ha poi precisato: «Lo facciamo noi e non l'Unione». Quindi ha sparato a zero sul centrosinistra: «Se il modello è il presidente della Provincia di Milano che si compra l’autostrada allora uno capisce che magari i soldi possono essere spesi meglio».
L’Unione invece va avanti nella sua polemica: per Fausto Bertinotti la riforma sul federalismo è «un vulnus che l’elettorato punirà». Romano Prodi dice che è «una riforma sciagurata che porta indietro la politica italiana». Piero Fassino, sempre più vicino al Vaticano, invita invece la Cdl, se non a seguire quello che dice l’opposizione, a dare ascolto «a una parte così importante come la Chiesa cattolica», in riferimento agli appunti alla riforma mossi dalla Conferenza episcopale italiana al capitolo sanitario.
Il federalismo fiscale a questo punto «è obbligatorio», ha confermato invece nella Lega l’europarlamentare Francesco Speroni, che però ha invitato a stare attenti ai centristi: «è stata An, non l’Udc, a volere l’interesse nazionale. Tutto sommato l'Udc non mi sembra certo un partito federalista».
Lo zoccolo Lega-Forza Italia il giorno dopo la rivoluzione federalista sembra una garanzia: «Ora riusciamo a capire meglio - commenta il viceministro per i Beni e le attività culturali, Antonio Martusciello - perché molti governatori del centrosinistra avversano il federalismo, perché il federalismo impone loro una responsabilità maggiore e seria che lo statalismo non gli attribuiva». La riforma approvata al Senato è «equa, equilibrata e soprattutto solidale - ha sottolineato anche ieri il ministro delle Riforme Roberto Calderoli -. Il nostro federalismo punta a garantire una sanità di serie A dal Brennero a Lampedusa».
La risposta a chi critica la riforma «la daranno sicuramente gli elettori in cabina elettorale alle prossime politiche - è fiducioso il ministro leghista della Giustizia Roberto Castelli - È una svolta epocale». Un «voto storico», per il collega di partito e ministro del Welfare Roberto Maroni. Il ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno considera «positivo» il referendum, ma a patto che venga affrontato «con compostezza, senza lanciare messaggi allarmistici e senza demonizzare la legge».
Nonostante l’avvertimento di Tremonti («il referendum lo facciamo noi») il centrosinistra è tornato alla carica sulla consultazione plebiscitaria. Il leader della Margherita Francesco Rutelli è stato durissimo: «Milioni di italiani voteranno al referendum per bocciare Bossi e questa follia», «Ora la parola passa ai cittadini - ha affermato il capogruppo della Quercia in commissione Affari istituzionali alla Camera, Carlo Leoni - perché le forze di opposizione chiederanno formalmente di cancellare questa vergogna». Franco Monaco, presidente dei deputati della Margherita, provoca: «Dobbiamo attenderci che la Lega si sciolga». E spiega perché: «Anni addietro Bossi annunciò che la Lega, una volta conseguito il traguardo del federalismo, si sarebbe sciolta».
Ipercritici i governatori di centrosinistra, soddisfatti quelli di centrodestra: «Sull'organizzazione scolastica - ha spiegato il presidente della Lombardia Roberto Formigoni - avremo la possibilità di intervenire sui programmi, ma in Lombardia non cancelleremo nulla, piuttosto aggiungeremo qualcosa come approfondimento della storia e della cultura locale».

La riforma è invece «confusa» per il presidente del Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy. Mentre Piero Marrazzo, governatore del Lazio, annuncia: «Sto pensando anch’io, come ha fatto il presidente Bassolino, di chiedere al consiglio regionale di intervenire nel percorso referendario».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica