Evitare un vuoto normativo. È questa la ragione per cui la Corte costituzionale il 12 gennaio ha bocciato i referendum per l'abrogazione della legge elettorale. In caso di esito positivo, infatti, entrambi i quesiti eliminerebbero di fatto "una disciplina costituzionalmente necessaria, che deve essere operante e auto-applicabile, in ogni momento, nella sua interezza". Per quanto riguarda il secondo, inolre, la Consulta ha detto no "per contraddittorietà e assenza di chiarezza".
Per i giudici, comunque "non spetta a questa Corte, fuori di un giudizio di costituzionalità, esprimere valutazioni" sulla costituzionalità della legge elettorale che si voleva abrogare. E, in particolare, non è compito della Consulta giudicare "l’attribuzione dei premi di maggioranza senza la previsione di alcuna soglia minima di voti o seggi; l’esclusione dei voti degli elettori della Valle d’Aosta e della circoscrizione Estero nel computo della maggioranza ai fini del conseguimento del premio; il meccanismo delle cosiddette liste bloccate; la difformità dei criteri di assegnazione dei premi di maggioranza tra Camera e Senato; la possibilità di presentarsi come candidato in più di una circoscrizione".
Come ricorda la sentenza, infatti, "già nel 2008 è stato escluso, in conformità a una costante giurisprudenza, che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum possano venire in rilievo profili di illegittimità costituzionale della legge oggetto della richiesta referendaria o della normativa di risulta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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