Politica

«Pregano sui sagrati? Non preoccuparsi sarebbe da ingenui»

«Un vescovo cattolico non può certo dire che pregare non sia di per sé un fatto positivo, ma sarebbe da ingenui non avvertire che ci sono aspetti stridenti in queste preghiere islamiche nelle piazze italiane da parte di chi incita all’odio e brucia le bandiere. Sarebbe da ingenui non preoccuparsi...». Monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, di fronte a quanto sta accadendo in varie città italiane teatro di cortei di protesta per gli attacchi scatenati contro Gaza dall’esercito israeliano dopo la rottura della tregua proclamata da Hamas, non si nasconde dietro un dito. Né usa giri di parole o le sottigliezze ovattate del linguaggio «ecclesialese». Il prelato domani pomeriggio sarà insignito a San Marino, per decisione del presidente della Repubblica su proposta del ministro Franco Frattini, della «stella della solidarietà italiana», onorificenza per gli italiani che si sono distinti all’estero, che gli viene conferita a motivo del suo impegno «a favore della scuola e dei giovani» e per aver «sempre preso coraggiosamente posizione sui temi di maggiore attualità».
Come commenta le immagini che mostrano centinaia di fedeli islamici in preghiera nelle piazze italiane dopo aver partecipato ai cortei contro Israele?
«Certamente si conta molto sull’effetto-choc nei confronti dell’opinione pubblica. Si vuole far capire che c’è una forte e radicata presenza islamica nel nostro Paese, che questa presenza ha un’identità forte e si conquista spazi pubblici».
Non dovrebbe essere di per sé un fatto positivo che la gente preghi?
«Un vescovo cattolico non può certo dire che la preghiera non sia un fatto positivo! Anche nella sua espressione pubblica: ricordo ancora l’interessante lettura di un volumetto del teologo e cardinale Jean Danielou che parlava della preghiera come problema “politico”. Ci si deve però innanzitutto chiedere quale significato abbia quella preghiera in relazione al fatto che per i musulmani, se essi pregano in un luogo, questo diventa islamico. E poi non si deve dimenticare che per sua natura nell’islam la preghiera ha spesso una connotazione fortemente legata agli aspetti politici. Sono un tutt’uno. Io non conosco la lingua araba, ma mi dicono che non è raro ascoltare anche in Italia, da parte degli imam, accenni e accenti di odio nei loro sermoni».
Dunque quelle preghiere in piazza la preoccupano?
«Dico che sarebbe da ingenui non avvertire che ci sono aspetti stridenti in queste preghiere islamiche nelle piazze italiane da parte di chi incita all’odio e brucia le bandiere di Israele. Se chi prega ha appena finito di urlare slogan carichi di odio contro quelli che considera nemici, se la fede viene strumentalizzata e si usa il nome di Dio per invocazioni violente, beh, se me lo permette credo ci sia da guardare con attenzione al fenomeno. Per non sottovalutarlo. Sarebbe da ingenui non preoccuparsi. Pensiamo, per assurdo, quale scalpore avrebbe suscitato se anche soltanto un gruppo consistente di giovani cattolici radunati attorno al Papa durante la Giornata mondiale della Gioventù, a un certo punto si fosse messa a gridare slogan contro gli islamici o contro altri gruppi religiosi o etnici, chiedendo che siano messi al bando. Se chi prega è lo stesso che instilla l’odio, mi preoccupo».
E della preghiera davanti al Duomo di Milano e a San Petronio a Bologna che cosa dice?
«Quelle piazze non sono della Chiesa milanese e bolognese, cono spazi pubblici. Ma mi riesce difficile immaginare che non si sia valutata la portata simbolica di tale gesto, tant’è che gli stessi responsabili islamici hanno espresso rammarico alla curia. Non so se questo possa essere considerato come una richiesta di scuse. Comunque significa che anche a loro non è sfuggito che quella preghiera di massa di fronte alle due cattedrali, simboli non soltanto religiosi ma anche culturali, poteva essere intesa come il tentativo di emarginare i segni della tradizione cattolica».
Che cosa pensa del dialogo tra cristiani e islamici? E degli appelli a concedere la costruzione di nuove moschee?
«Esprimo innanzitutto un disagio. Non spetta al vescovo dare queste risposte. Ritengo che il vescovo abbia il dovere di contribuire all’educazione del popolo cristiano. È il popolo cristiano, sono i laici a trovare modi e tempi per il dialogo. Mentre spetta alle istituzioni garantire un’effettiva libertà religiosa a chi vive nel nostro Paese».
Crede che l’Occidente in questo frangente si stia mostrando debole?
«La debolezza culturale dell’Occidente è stata segnalata tante volte da Benedetto XVI. Temo esista una sorta di sudditanza culturale e anche psicologica nei confronti di certi gruppi. Regolare la concessione degli spazi pubblici, garantire la sicurezza e il rispetto della legge, è compito delle istituzioni. C’è da sperare che non esistano zone franche».
Pensa ci possa essere una regia dietro a quanto si è visto in questi giorni nelle piazze italiane?
«Non ho né le conoscenze, né la competenza per poterlo affermare. Osservo soltanto che il mondo di oggi è vittima della manipolazione dell’opinione pubblica e condivido davvero l’intervento del presidente della Cei, il cardinale Bagnasco, su questo tema».
I cortei culminati con le preghiere islamiche protestavano per la guerra contro Gaza. Qual è la sua posizione?
«Il Papa ha detto parole chiarissime di condanna contro ogni forma di violenza, da ogni parte provenga.

Quanto ho appena affermato circa la preoccupazione per le incitazioni all’odio da parte islamica non diminuisce assolutamente la mia condanna per la reazione israeliana contro Hamas che è non solo sproporzionata ma ha assunto la forma di veri e propri eccidi nei confronti della popolazione civile».

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