Roma

Pregava poco: pakistano sgozzato a Ostia

Stefano Vladovich

Impiccato con una corda, massacrato di bastonate, infine sgozzato. Non prima di aver subìto una serie di fendenti in pieno volto. Ucciso perché «pregava poco e beveva molto». Questo il movente di un omicidio assurdo, avvenuto fra le pareti «blindate» del centro socioabitativo del Comune di Roma, sul lungomare di Ostia, dopo una notte passata a far baldoria. Aveva il cranio letteralmente fracassato Alì Akber, 43 anni, quando uno dei suoi due compagni di stanza l’ha trovato, riverso sul pavimento, in un lago di sangue. Una scena del delitto che ha sconvolto persino gli agenti di polizia entrati ieri mattina all’interno dell’ex colonia marina Vittorio Emanuele III, dal 2000 assegnata a un gruppo di extracomunitari per lo più provenienti da Pakistan, India e Sri Lanka.
A scoprire il cadavere nella stanza 107 della grande struttura sul lungomare Paolo Toscanelli, verso le 10,30, un connazionale che ha poi allertato il 113. Sul posto gli uomini del XIII commissariato e della «omicidi» della Squadra mobile romana. «Assieme ai colleghi della scientifica - spiega Eugenio Ferraro, dirigente della III sezione della mobile romana - stiamo ricostruendo la dinamica di un assassinio a dir poco cruento. Sicuramente la vittima è stata colpita da un oggetto contundente e da un’arma bianca. Stiamo interrogando alcuni connazionali mentre altri mancano ancora all’appello. Molti di questi di giorno lavorano, anche se non possiamo escludere che l’omicida si sia allontanato subito dopo il delitto». Il coltello rinvenuto a terra è del tipo da cucina, mentre nel bagno attiguo la camera da letto gli inquirenti avrebbero trovato un paio di pantaloni intrisi di sangue. L’uomo trucidato, invece, era vestito con canottiera bianca e calzoni di un pigiama. Secondo un primo esame del medico legale, il dottor Ausania, l’ora della morte risalirebbe all’alba di ieri.
Alì, sposato e con figli, da tempo era emigrato in Italia dal Pakistan. Regolare permesso di soggiorno alla mano, l’uomo faceva il venditore ambulante, soprattutto di chincaglierie made in China e cd-pirata, sul marciapiede davanti il vicino McDonald’s. Come il suo coinquilino dell’ex «Vittorio Okkupato», Mirza A.R., 45 anni, arrestato un anno fa perché sospettato di aver piazzato un fumogeno nei bagni del fast food nonché di far parte di una cellula eversiva internazionale. Anche quest’ultimo, indiziato di aver fornito supporto logistico agli anarchici della Fai che hanno rivendicato l’azione dinamitarda avvenuta al Tribunale di Ostia il 7 marzo 2005, nonostante facesse l’ambulante aveva un regolare permesso di soggiorno. L’ennesima «stranezza» per una comunità solo all’apparenza controllata dal Comune di Roma, ma in cui hanno soggiornato latitanti e clandestini. Un personaggio particolare, secondo gli investigatori, legato ai «dormienti» di Al Qaida stanziati nella capitale ma, di fatto, scagionato da ogni accusa e rimesso in libertà.
Secondo gli inquirenti, coordinati dal pm De Marinis della Procura di Roma, il fermo del sospetto numero uno dovrebbe avvenire in poche ore. «Il quadro è chiaro - chiosano -. Sabato sera c’è stata una festa e qualcuno ha alzato troppo il gomito. La mattina seguente Alì ha avuto un diverbio, per futili motivi, con il suo assassino.

L’autopsia, che avverrà all’Istituto di Medicina Legale del Policlinico Gemelli, potrà chiarire le cause esatte del decesso mentre le testimonianze raccolte ci portano a stringere il cerchio sul secondo compagno di stanza, tuttora latitante».

Commenti