Politica

Il premier: «Segnale chiaro e noi lo rispetteremo»

Esulta l’opposizione. Wilders, l’erede di Fortuyn: il governo dovrebbe dimettersi

dal nostro inviato a L’Aia


Di tutt’altro tenore le dichiarazioni di Geert Wilders, che molti vedono come l’erede politico di Pim Fortuyn. «Non mi aspettavo - ha detto - un risultato così massiccio. Sono estremamente soddisfatto. Se si pensa che due terzi del Parlamento sostengono la Costituzione e due cittadini olandesi su tre sono contro, vuol dire che ci sono molte cose sbagliate in questo Paese». Wilders ha chiesto a Balkenende di dimettersi e che siano convocate nuove elezioni.
Abbiamo seguito per un po' il viavai dei votanti davanti a due seggi di Delft, uno nel centro, l'altro in periferia. Il primo, il numero 1, si trova nella sede del municipio, nella piazza del mercato, davanti all'imponente chiesa protestante in cui riposano le spoglie dei membri della famiglia reale, a cominciare da quelle di Guglielmo il taciturno, assassinato nel 1584. Il secondo in un scuola tra tanto verde e cassette rosse con tendine di pizzo e graziose aiuole.
Nel seggio numero 1, in mattinata, avevamo avuto l'impressione che prevalesse il «sì». Le persone che abbiamo interpellato si sono dette quasi tutte favorevoli. «Dobbiamo guardare al futuro, ai nuovi orizzonti. Sì, a Bruxelles ci saranno problemi per le decisioni cruciali, ma non abbiamo alternative. Se non vogliamo la stagnazione, è necessario anticipare i tempi». Così risponde Georg Stromberg, imprenditore.
Dice Job Eertink: «Ho votato, ma non mi piace l'idea che decisione del genere vengano prese dal popolo. C'è un Parlamento sovrano, cui abbiamo delegato di rappresentarci. Gli oppositori al Trattato sostengono che non argineremo più l'arrivo degli stranieri, personalmente penso che un Superstato possa essere più efficiente nel controllare l'immigrazione». Professione? «Sono disoccupato». Non pensa, signor Eertink, che il Superstato ridurrà il sistema assistenziale? È una delle preoccupazioni di chi si oppone alla ratifica. «Meno assistenzialismo può solo giovare all'economia». Job ha 29 anni e dovrebbe chiamarsi Jobless.
Si presentano Johan e Lisa van Leeuwen, 32 e 31 anni. Fratello e sorella. Lui ha votato «per», lei «contro». «Sono favorevole - dice Johan - poiché ho una piccola impresa e mi piace l'idea di esportare, espandermi. Ciò è possibile oggi pensando in termini sovranazionali. La Costituzione europea rappresenta questi obiettivi». «Sono contraria - replica Lisa, impiegata -: va preservata la nostra identità, la nostra autonomia. Siamo un piccolo Paese e la nuova Grondwet (Costituzione in olandese) ci relega a un ruolo di secondo piano».
E trasferiamoci al seggio periferico, il numero 20, in Sint Jorisweg 20. Una scuola con un chiosco di fiori proprio di fronte. La fiorista, una giovane, parla con una signora in procinto di promuovere la Magna Charta giscardiana. Rivela infatti: «Per, per, per. Senza il minimo dubbio. Dobbiamo crescere». «È questo il guaio. Stiamo crescendo troppo - replica la fiorista - e tra qualche tempo l'Ue a 25 crollerà come un castello di carte. Per conto mio ho votato contro». All'interno, davanti allo schermo elettorale, un anziano non ha indecisioni. Anche lui non ne vuole sapere di questo librone che vincola tutti gli abitanti del Vecchio Continente. «Certo siamo europei, ma prima olandesi». Passa una biondina. L'avviciniamo. Si chiama Mirjam F. Lavora come biologa nell'università di Delft. È italo-olandese, padre di Palermo, madre di Alkmaar. Ha la doppia cittadinanza. «Sì o no?», le chiediamo. «Con la ragione no, con il cuore sì», replica.

Quando preme il pulsante, prevale il cuore.
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