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Con il premio a Zinedine la Fifa fa autogol

La testata di Zidane lascia retrogusto amaro: peccato veder un grande giocatore chiudere così una carriera. Peggio vedere la Fifa assegnargli il Pallone d’oro del migliore del mondiale. Essere il migliore non significa soltanto calciare bene un rigore, entusiasmare contro il Brasile. Zizou era stato il migliore. Forse. Il secondo e il terzo della graduatoria (Cannavaro e Pirlo) magari meritavano qualcosa in più (Zidane ha saltato una partita per squalifica). Ogni scelta è un gioco da roulette. Ma è stato ridicolo veder la Fifa smentire il suo mondiale a tolleranza zero. Gli arbitri hanno rischiato la figuraccia, pur di punire con la veemenza di un vendicatore solitario. Hanno fatto piovere cartellini rossi e gialli per riempire un Guinness e l’atto conclusivo premia, come giocatore simbolo, l’uomo che ha dimenticato tutto, tranne la sua follia.
Il gesto di Zidane è stato certo un simbolo, ma al contrario. Così non si fa, così tradisci tutti: la Francia e la tua nazionale, la carriera e il gioco del pallone, il fair play e la voglia di vincere. L’atto di Zizou è stato inconsulto come altri gliene sono capitati, figlio di una cultura maturata nella terra sua d’Algeria dove si risolve tutto e subito con sistemi da strada. La Fifa lo ha dimenticato in un lampo ed ha chiuso il suo mondiale con il più clamoroso degli autogol che non è interpretato, solo o soltanto, dal premio, ma dal ricorrere alla tv per aiutare l’arbitro nella decisione. Ieri un portavoce ha smentito che la tv abbia avuto peso. Andreas Herren ha assicurato che il suggerimento all’arbitro sia arrivato dal quarto uomo. Ma tutti, a cominciare dai due tecnici, ci hanno creduto poco. È passato troppo tempo fra il fattaccio e la decisione, ci sono volute troppe spiegazioni per convincere.
In realtà quella di domenica è stata la più clamorosa sconfitta di Blatter che, non a caso, non si è neppure fatto vedere durante la premiazione. Lui, il dittatore contro tutte le moviole del calcio, l’antimodernizzatore per eccellenza, il cultore del calcio più imperfetto possibile, si è visto scavalcare da un gruppetto arbitrale (guardalinee, quarto e quinto uomo) che probabilmente non farà più carriera. Ci sono voluti un atto di coraggio e un atto di disobbedienza per onorare davvero pallone, fair play e tolleranza zero, parole che riempiono la bocca del presidente.

Mentre sarebbe meglio avere una moviola in più, un errore in meno e una coerenza più credibile.

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