Prestami il divano e ti porto il mondo in casa

Tu mi dai un sofà e io la mia amicizia. In Italia, il punto di riferimento dei «surfisti» del turismo è Milano

Letteralmente significa «saltare da un divano all’altro». Il Couch surfing è la moda del momento in fatto di viaggi low cost, soprattutto fra i giovani. La filosofia è semplice: dormire sul divano in casa di altre persone, offrendo in cambio solo la propria ospitalità. Lo strumento di comunicazione è internet, dove numerosi siti permettono di incontrarsi e dare la propria disponibilità ad accogliere il viaggiatore di turno. Scegliendo, contemporaneamente, in che luogo e da chi farsi ospitare.
Nato negli Stati Uniti durante gli anni Novanta, questo fenomeno si è rapidamente diffuso in Europa, prendendo piede anche in Italia, dove sono ormai circa duemila - quasi il 5% del totale nel mondo - i «surfisti» del divano. Il punto di riferimento è Milano, dove spesso i globetrotter del nuovo millennio si incontrano e organizzano raduni (l’ultimo il 3 novembre, in via Bodoni 3).
Inoltre, i due principali siti dedicati a questo tipo di viaggio - couchsurfing.com e hospitalityclub.org - pullulano di offerte nel capoluogo lombardo. «Io ho già ospitato diverse persone - racconta Ingrid, 31 anni di Bernareggio -, tre dagli Usa, una dal Giappone e due dall’Australia. A spingermi è stata questa considerazione: non ho molti soldi per girare il mondo, quindi faccio entrare il mondo a casa mia». A spingere molti giovani verso il couch surfing è proprio la voglia di conoscere persone molto diverse, con la loro lingua, la loro cultura, le loro tradizioni. Chi ospita, infatti, non mette a disposizione solo un sofà - a volte un semplice pezzo di giardino sul quale montare una tenda -, ma anche il proprio tempo, la propria compagnia e, in qualche caso, la propria amicizia. «Il bello del couch surfing è che coinvolge tutta la famiglia - prosegue Ingrid -. Una volta mia madre, che non parla una parola di inglese, si è ritrovata a insegnare alle ragazze australiane come preparare il risotto alla milanese». Per molti ragazzi l’incontro con questa strana comunità di viaggiatori è casuale, ma già al primo approccio - assicurano - è impossibile non rimanere affascinati e coinvolti. «Ho scoperto il couch surfing durante una gita a Praga nel capodanno del 2004 - dice Maurizio, ingegnere meccanico milanese di 29 anni -. C’erano tantissime persone per un raduno organizzato da hospitalityclub. All’inizio ero titubante, poi l’estate successiva ho contattato alcune persone, ho cominciato a ospitare e a viaggiare a mia volta».
Con il tempo in Italia sono nate anche alcune comunità, che si radunano proprio a Milano. «Nel capodanno del 2005 - continua Maurizio - ho organizzato il primo evento a Milano. Hanno partecipato più di 50 persone». Caratteristica indispensabile, per ogni surfer che si rispetti, è lo spirito di adattamento. Per il resto servono solo voglia di incontrare gente nuova e curiosità di vedere il mondo. La sicurezza è garantita. I siti sono controllati: ci si può iscrivere solo se si è presentati da un membro della community, in alcuni casi sono richiesti gli estremi del documento di identità.
Il peggio che può capitare - dicono - è di dormire in case poco accoglienti. «Non ci sono controindicazioni - conferma Nicola Cavalazzi, studente universitario di 20 anni -. Inoltre trovo l’idea utilissima, nel senso che mettere in comunicazione tante persone che viaggiano e farle incontrare è bellissimo».

E ti fa scoprire che in fondo «il mondo è più piccolo di quello che pensi».

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