Il prete vieta il segno della croce: "Se no i musulmani si offendono"

Durante una preghiera tra cattolici e islamici il parroco don Prospero Bonzani invita i fedeli a non segnarsi. Poi commenta: "Cosa c’è di straordinario?". Polemiche

Il prete vieta il segno della croce: 
"Se no i musulmani si offendono"

Genova - A tratti, più che un semplice parroco, più che un prete di frontiera meritoriamente impegnato nel sociale, don Prospero sembra un parroco-imam. Come fosse l’anello mancante fra le grandi religioni monoteiste, l’ultima frontiera del dialogo interreligioso.

Ormai don Prospero Bonzani, che guida la parrocchia di Nostra Signora della Provvidenza nel popoloso quartiere genovese del Lagaccio, è una sorta di ultrà del riconoscimento dei diritti dell’Islam all’ombra della Croce. Il primo passo fu la moschea nel presepe, accompagnato da prediche per ribadire quella scelta. Anche dopo le polemiche e il «consiglio prudenziale» della Curia a rimuoverla, «per evitare polemiche e rischi per l’ordine pubblico». Invito a cui don Prospero obbedì, ma lasciando al posto della moschea un Vangelo aperto su una pagina con evidenziata una frase: «Ero straniero e non mi avete riconosciuto: via da me nel fuoco eterno».

Poi, dopo la moschea del presepe e dopo la moschea rimossa dal presepe, toccò a un momento di riflessione interreligioso in piazza, a una lettera per spiegare le ragioni pro-moschea e ad alcuni accenni a favore del luogo di culto islamico durante le prediche. Fino a sabato sera quando - nel corso di una «preghiera interconfessionale fra cattolici e musulmani» (i fedeli ebrei hanno rifiutato l’invito), nei giardini pubblici del Lagaccio intitolati a un altro prete di frontiera, don Acciai - don Prospero ha invitato un gruppo di fedeli a non farsi il segno della croce: «Non fatelo!, ci ha detto il don al momento della benedizione» è il racconto di Carmen, la parrucchiera del quartiere che sabato ha partecipato all’incontro con la figlia e un’amica, «perché offende gli stranieri qui presenti che non sono di fede cristiana!».

Premessa maggiore: Carmen non è una dei duri del quartiere, quelli che sono contrarissimi alla moschea e che quindi hanno dichiarato guerra a don Prospero e alle sue predicazioni. Premessa minore: don Prospero è un sacerdote che ha sempre avuto metodi pastorali, come dire, un po’ particolari, ma certo non è un ultrà della politica. E i suoi fedeli - sia a Rivarolo, sia qui al Lagaccio - hanno sempre apprezzato i suoi sforzi per la comunità e per stare vicino ai più deboli. Per dire, sempre domenica, sempre a Genova, il noto don Farinella, quello che scrisse su Micromega una lettera aperta alla Madonna affinché vincesse Veltroni, ha dedicato la predica della sua chiesa di San Torpete, nel centro storico, a scomunicare Curia e fedeli che giustificano o votano «il presidente pedofilo». Ecco, don Prospero è un’altra cosa.

Eppure, quella frase, quell’invito di un prete a «non fare il segno della croce» in segno di rispetto per gli islamici, sembra l’ennesimo cedimento di un argine. L’ennesima volta in cui un cristiano - per di più un cristiano con la tonaca - porta avanti un discorso diverso da Cristo. Perché, fatte le debite proporzioni, e senza che il paragone possa sembrare blasfemo, questa è una storia in cui il concessionario della Fiat difende a spada tratta il marchio della Renault. Il che è qualcosa che va un po’ al di là della pur auspicabile concorrenza leale o di rapporti di buon vicinato.

Mentre il leader nazionale de La Destra Francesco Storace e quello ligure Massimiliano Mammi attaccano pesantemente don Prospero («il suo comportamento è inaccettabile, probabilmente segue più le indicazioni del sindaco Vincenzi che quelle del suo ordine»), il sacerdote sceglie il silenzio con il Giornale: «Preferisco non parlare. Se sarete gentili, come lo sono sempre stato io nei confronti di tutti i giornalisti quando mi si facevano delle domande sulla moschea, non scriverete niente in merito a questa faccenda. Altrimenti, mi riservo di non rispondere mai più alle vostre domande». All’Ansa, aggiunge: «Non ho organizzato alcuna celebrazione, ma solo un momento collettivo di preghiera. Qualsiasi altra notizia è destituita di ogni fondamento». E all’Adnkronos spiega: «Era una lettura di testi biblici e del Corano, ai giardini pubblici di via Vesuvio. Abbiamo letto testi della Bibbia e alcuni islamici hanno letto passi del Corano. Ho detto ai presenti che il segno della croce andava fatto alla lettura dei testi biblici e non a quella del Corano. Mi sembra logico. Non vedo niente di straordinario in questa vicenda.

Il clamore è stato sollevato da alcune persone che, in vista delle elezioni, vogliono spaventare la gente con la paura degli attentati terroristici».

Sarà. Ma l’Ansa e l’Adnkronos non sono il Vangelo. Non ancora.
(ha collaborato Roberta Bottino)

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