Pretende troppo sesso dalla moglie? La Cassazione condanna: "E' stupro"

Gli "ermellini" confermano la condanna a 6 anni e 4 mesi nei confronti di un 40enne che costringeva la moglie a ripetuti rapporti sessuali

Pretende troppo sesso dalla moglie? 
La Cassazione condanna: "E' stupro"

Roma - Commette violenza sessuale e maltrattamenti il marito che, con comportamenti dispotici e minacciosi, costringe la moglie "a subire plurimi rapporti sessuali" anche quando la donna non ne ha assolutamente desiderio. La Cassazione, infatti, ha confermato la condanna nei confronti di Massimo L., 40 anni, un marito di Novara, che pretendeva dalla moglie, Monica G., "prestazioni sessuali oltre il desiderio della stessa". Per soddisfare le sue voglie, l’uomo era giunto anche a minacciare la moglie con un machete. Senza successo Massimo ha sostenuto di non aver commesso violenza sessuale ma, tutto al più, solo il reato di maltrattamenti. La Cassazione - con la sentenza 26345 - gli ha risposto che: "Costituisce violenza sessuale qualsiasi forma di costrizione, a nulla rilevando l’esistenza di un rapporto di coppia coniugale, o paraconiugale, tra le parti, dal momento che non esiste all’interno di tale rapporto un diritto all’amplesso, ne, conseguentemente, il potere di esigere o imporre prestazioni sessuali".

Rifiuto e violenza Inoltre - aggiunge la Suprema Corte - "in tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti di coppia di tipo coniugale, non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca, quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali". La moglie di Massimo, infatti, per non destare allarme nei bambini - la coppia aveva dei figli - non si opponeva alle pretese del marito e a gesti muti cercava, inutilmente, di farlo desistere.

Condanna Massimo L. è stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione, con sentenza del 22 settembre 2008 della Corte d’Appello di Torino.

Nella condanna era compreso anche il reato di maltrattamenti nei confronti dei figli, ma la Cassazione non ha ritenuto provata questa accusa e adesso un nuovo processo dovrà rivalutare meglio solo le prove per questo capo di imputazione. Il resto del verdetto è diventato, invece, definitivo.

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