U na sera - avevo diciottanni - stavo portando del sake dalla cucina a un ozashiki (sala del tè, ndr). Ero sul punto di salire le scale del secondo piano quando lo vidi scendere. Mi imbarazzava trovarmi così esposta, dal momento che quella sera avevo rifiutato di partecipare al suo ozashiki. Si precipitò giù per le scale e mi tolse il vassoio dalle mani. «Mineko, vieni qui un attimo», disse e mi spinse in una delle stanze delle domestiche. Prima che capissi cosa stava succedendo mi strinse fra le braccia e mi baciò sulle labbra. «Yeech, fermo», dissi mentre mi divincolavo. «Lunico a cui permetto di darmi un bacio è Big John, il mio cane». Fu il mio primo bacio. E non lo trovai per niente eccitante. Dopo essere riuscita a superare lo shock e la paura, fui presa da una rabbia bruciante. «Come osa», sibilai. «Non mi tocchi di nuovo! Mai più!».
Ero spaventata a morte. Corsi nellufficio e, con toni accalorati, raccontai tutto allokasan (la direttrice della casa delle geishe, ndr). «Non voglio vederlo mai più. È disgustoso e le sue maniere sono deplorevoli». Mi disse che stavo esagerando. «Mine-chan, sotto questaspetto hai ancora molto da imparare. È stato un bacio innocente. Non c'è motivo per arrabbiarsi così. È un cliente importante, e vorrei che non fossi tanto rigida con lui». Con le sue spiegazioni allontanò le mie paure e, dopo poche settimane, mi convinse che non avrei corso rischi ad accettare una delle sue insistenti richieste. Entrai nellozashiki con qualche riserva, ma Toshio era pentito. Promise che non mi avrebbe toccata neppure con un dito. Ripresi la mia abitudine di accettare, in media, una richiesta ogni cinque. Una sera chiese: «Lo so che non mi è permesso toccarti, ma vorresti mettere una, solo una, delle tue dita sul mio ginocchio? Per ripagarmi di aver suonato lo shamisen?».
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