Politica

Prodi parte da solo, l’Unione non sale sul tir

Francesca Buonfiglioli

da Milano

Cacciari contro il Mose. Ma questa volta a protestare contro il sistema di dighe mobili in costruzione per salvaguardare Venezia e la Laguna dal fenomeno dell’acqua alta è stato Tommaso, nipote «disobbediente» del sindaco Massimo Cacciari. Ieri mattina circa 200 no global e attivisti dei comitati hanno fatto irruzione nel cantiere del porto di San Nicolò e sono riusciti, anche se per poche ore, a bloccare i lavori arrampicandosi sulle ruspe e issando striscioni contro «l’ecomostro». Una protesta, ha dichiarato il portavoce, proprio Tommaso Cacciari, contro la realizzazione di un’opera «inutile, costosa e dannosa». Un blitz che però non è stato solo dimostrativo. Il consorzio Venezia Nuova, il gruppo di imprese che ha in appalto l’opera, ha infatti denunciato «numerosi danni» ai macchinari, senza considerare la «situazione di pericolo per tutti coloro che sono entrati». Mentre il leader dei no global Luca Casarini rivendicava, arroccato nel suo quartier generale «Global beach», i danni giudicandoli «legittimi» e prometteva di continuare la protesta, la Digos di Venezia ha trasmesso un’informativa all’autorità giudiziaria ipotizzando, tra gli altri, anche il reato di sabotaggio.
«Ecco in azione gli squadristi del fascismo rosso, vandali, barbari». Non ha usato mezzi termini il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan nel descrivere l’accaduto.
«Un atto gravissimo che condanno con fermezza - ha ribadito secco il sindaco Cacciari -, non solo illegale ma anche idiota e sconsiderato dal punto di vista politico perché lungi dal rendere convincente una posizione critica, allontana dal dibattito serio e costruttivo sul Mose».
Ed è proprio sul «dialogo costruttivo» che l’amministratore filosofo fa affidamento per raggiungere un obiettivo non molto distante da quello del nipote: lo stop ai lavori. Ma i capricci del centrosinistra, gli ultimi quelli del leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, potrebbero costare ai contribuenti circa due miliardi di euro. «Nel progetto quadro dell’Unione - ha ricordato il leader del Sole che ride - è scritto che è necessaria una revisione del piano delle infrastrutture. Prevalgono le politiche degli affari anziché gli interessi dei cittadini e questo è il caso del Mose: vecchio obsoleto e dai costi sproporzionati». Sproporzionati almeno quanto la penale che lo Stato dovrebbe pagare in caso di mancata esecuzione dell’opera, come previsto dalla normativa sugli appalti pubblici.
Anche Cacciari da tempo insiste sulla revisione del progetto, tanto da aver recentemente costituito un gruppo di lavoro per l’analisi di soluzioni alternative. Che potrebbero finire nel futuro programma di governo dell’Unione. Nel caso il Mose venisse «revocato» la penale sarebbe salata: la somma di «quanto già realizzato - ha spiegato il presidente del Magistrato alle acque, l’ingegner Maria Giovanna Piva al Gazzettino - un risarcimento degli investimenti e un indennizzo alle imprese di circa il 10% del costo totale dell’opera, 3,8 miliardi di euro». A tentare la stima è il capogruppo di Forza Italia in Comune Antonio Cavaliere. «Considerando a che punto saranno i lavori nel giugno 2006 quando, un eventuale governo di centrosinistra potrebbe bloccarli, la somma si aggirerebbe attorno ai 2 miliardi di euro». Cifra che però non contempla, fanno notare fonti vicine al consorzio Venezia Nuova, la variabile incalcolabile «dei costi di un possibile smantellamento o di una riconversione delle strutture già costruite».

E che rappresenterebbe un danno enorme per i posti di lavoro che il Mose sta creando e che, una volta in funzione, assicurerà a una città condannata alla vocazione turistica.

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