Il progetto, realizzato quasi a costo zero, si appoggia sulla rete wi-fi Nel giro di poche settimane saranno su internet tutti i dati e le pratiche

Dati pubblici sempre più fruibili grazie a internet. Il succo del progetto Open data, presentato in una stanzetta dell’Università Bicocca, è questo. Il Comune entro due o tre mesi inizierà a mettere online tutti i dati in suo possesso a partire da quelli relativi all’ambiente e alle statistiche. Ma anche gli orari dei negozi e tutte le informazioni sul servizio pubblico locale. E tutto senza spendere grosse cifre, anzi quasi niente, perché i margini imposti dal bilancio comunale sono strettissimi quasi come la stanza della presentazione: le competenze tecnologiche e di know how in merito vengono scambiate con il Nexa center del Politecnico di Torino, il consorzio TopIX, il Csi Piemonte e l’associazione Tech and Law Center. Il lavoro vero e proprio della raccolta dati da pubblicare invece verrà svolto tutto da personale del Comune. Come ha detto Sergio Mancuso, responsabile Area Innovazione del Comune: “Il costo per questa operazione è soprattutto organizzativo, visto che abbiamo organizzato lo scambio di conoscenze con gli enti piemontesi secondo il sano principio del riuso”. La crisi ha aguzzato l’ingegno degli amministratori milanesi, anche perché la rete wi-fi, infrastruttura fondamentale per la digitalizzazione della città, costerà sei milioni di euro. E le vacche sono magrissime di questi tempi sotto la madonnina. Anche il team di esperti che affianca i dipendenti comunali infatti lavora senza retribuzione: «Siamo riusciti a creare un gruppo di consulenti scientifici senza conflitti di interesse – ha detto Mancuso – che lavora unicamente per spirito civico». Al progetto collabora anche l’ateneo milanese: «Crediamo molto in questa iniziativa – ha affermato il rettore Marcello Fontanesi – come Università siamo molto interessati a mettere a disposizione le nostre competenze per progetti come quello sugli Open data». Iniziativa che punta anche a attrarre nuove applicazioni sviluppate dai cittadini, come già successo negli Stati Uniti, dove però la maggior parte di questi strumenti per poter meglio fruire dei dati sono state elaborate dagli enti pubblici. I numeri forniti da Carlo Batini, professore della Bicocca, segnano un 1200 a 230. Il Comune invece non ha in programma di impegnarsi su questo versante, almeno per il momento, anche perché siamo ai primi passi della digitalizzazione della città. Il primo è stato impegnarsi a creare la rete wi-fi, poi il progetto sugli open data e anche l’educazione delle persone all’utilizzo dei servizi offerti: come hanno affermato i responsabili del Comune infatti molti possiedono cellulari altamente tecnologici, senza sfruttarne tutte le potenzialità. «E’ importante implementare la diffusione di internet – ha commentato il sindaco Giuliano Pisapia, presente all’evento – la conoscenza dell’agenda digitale, degli open data, perché certamente l’innovazione può essere uno strumento importante per superare la crisi economica e – a concluso – Milano sarà un punto di riferimento internazionale, un luogo dove creare sviluppo».

La nuova era digitale di Milano però non sembra aver suscitato troppo entusiasmo tra le aziende private: «Per ora si sono fatte avanti alcune aziende – ha spiegato Mancuso – ma solo in qualità di fornitori, purtroppo non siamo ancora riusciti ancora a creare partnership con soggetti privati che come giusto si muovono sempre se vedono margini di guadagno». Forse avrà miglior fortuna con ricercatori e giovani in grado di sviluppare le applicazioni.

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