nostro inviato a Genova
«Se penso a Prodi mi vengono le extrasistole», ma «grazie alle malefatte del suo governo il centrodestra oggi è in vantaggio di quindici punti sulla sinistra». Parola di Silvio Berlusconi che a Genova, in un palazzetto dei Magazzini del Cotone stracolmo di sostenitori, presenta i candidati della Casa delle Libertà alle amministrative di primavera nel capoluogo ligure.
Il leader di Forza Italia è di buon umore e scherza sulla sua recente operazione al cuore. «Voglio rassicurare tutti», ha esordito. «Sono andato a Cleveland per esaudire i desideri dei miei figli e per mettere un salvavita. Non ne avevo assolutamente bisogno, ma tutti intorno a me piangevano e nonostante io abbia detto “guardate che non c'è motivo” l’ho fatto per tranquillizzarli». «Io ho un cuore di atleta, che batte piano, soltanto 30 volte al minuto. Certo che se di notte avessi pensato a Prodi il battito mi sarebbe aumentato di due. Se poi avessi pensato anche a Bertinotti e al Pdci il rischio era quello di un arresto cardiaco». Ma adesso sta bene. «Mi hanno alzato le pulsazioni fino a 40. Se prima dormivo tre ore adesso ne dormo due - assicura - e sono pronto a fare tutto, anche a innamorarmi».
Il Cavaliere snocciola le cifre dei sondaggi in suo possesso che dimostrano il malcontento del Paese per l’operato dell’attuale governo, giudicato positivamente solo dal 27,5% dei cittadini. La Casa delle Libertà sarebbe al 57,2% contro il 42,2% dell’Unione, mentre nel confronto diretto con Prodi, il leader di Forza Italia sarebbe avanti di 28 punti. E la ragione di tanta disaffezione va cercata nelle politiche dell’esecutivo che «non solo non produce nulla di positivo, bloccato com’è dai contrasti, ma fa di tutto per mettere a zero le riforme varate nella precedente legislatura». Così «lo sviluppo rallenta: la situazione è davvero preoccupante».
Berlusconi attacca Prodi che, «non avendo superato lo choc dell’autunno ’98 quando fu destituito proprio da Bertinotti, ora tende ad ossequiare Rifondazione comunista e ogni proposta della sinistra radicale». Questo è un governo che non fa le riforme, «ma porta avanti le proposte sbagliate della sinistra massimalista» e in cui «le coop rosse sono una vera metastasi». Una signora dalla platea urla: «Mandiamoli a casa». Il Cavaliere risponde definendo la battuta «rozza ma efficace». Insomma la condivide; «l’esecutivo è impossibilitato a operare» e lui è pronto a tornare a Palazzo Chigi.
Solo su due punti tende la mano all’attuale maggioranza, parlando con i giornalisti alla fine del comizio: il primo è l’Afghanistan. «Noi siamo persone coerenti e gente seria e daremo il nostro appoggio al rifinanziamento della missione. Il nostro voto è scontato». Il secondo tema è quello delle liberalizzazioni. «In questo campo io sono il campione da sempre - giura -. Immaginatevi se non siamo disposti a discutere, anche se nella passata legislatura in reltà sono stati altri alleati ad opporsi...». Chi? Il riferimento, implicito, è al leader dell’Udc Casini. Ma ora il centrodestra è disposto «a dire sì a tutte le iniziative legislative che l’Unione proporrà e che verranno ritenute utili per il bene del Paese. Visto che la sinistra fa le leggi per i suoi elettori, mentre noi guardiamo all’interesse comune della nazione».
Già, il centrodestra. Durante il discorso ricorda che il leader della coalizione è ancora lui e che il progetto di una federazione dei partiti della Casa delle Libertà «è assolutamente indispensabile». Senza menzionarlo lancia un’altra frecciata a Casini, ricordando che «qualcuno, quando era Palazzo Chigi, gli impedì di abbassare l’aliquota fiscale al 33 per cento». Poi attacca ancora Prodi («la laurea ad honorem? Paradossale») e i partiti della sua coalizione che «non sono nemmeno capaci di fare una politica sociale», considerato che le nuove tasse e i balzelli come il ticket al pronto soccorso penalizzano soprattutto i meno abbienti. Una stoccata la riserva alla magistratura. «I giudici sono sottoposti al potere della corporazione dei pubblici ministeri» e annuncia che non lascerà la trincea politica fino a quando non avrà ottenuto la separazione delle carriere. «I pm facciano categoria a sé stante, devono stare in immobili diversi e possibilmente distanti dai tribunali - proclama -. Devono entrare nell’ufficio di un giudice con il cappello in mano e dandogli del lei. Solo così si avrà la certezza di un giudizio equilibrato e giusto».
Prima di concludere invita il pubblico, come sempre entusiasta, a mobilitare la società civile promuovendo i Circoli della libertà. Il finale è un inno all’America.
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