Politica

Il proporzionale spaventa l’Unione «Bloccheremo il Parlamento»

Prodi: ci saranno scontri pesanti, si vuole falsificare il voto. Fassino: si truccano le carte

Roberto Scafuri

da Roma

Nessun dubbio: ci dev’essere stata una certa «sottovalutazione», come si allarma Francesco Rutelli. Soltanto chi ha assistito al repentino scuotersi dei deputati della minoranza, peones o leader che fossero, si è potuto render conto di quella vaga sensazione di vertigine, di quel «sentirsi in trappola» che ha attenagliato l’Unione nel primissimo pomeriggio. Quando cioè, con la circolazione delle bozze dell’emendamento della Cdl, è apparso chiaro il «disegno strategico». La reazione? Alti lai e preoccupazione a mille: «truffa», «proposta indecente», «golpe», «legge Acerbo», «falsificazione elettorale», «ciambella di salvataggio». Persino una signora posata come la senatrice Cinzia Dato (dl) parlava di «impazzimento», «sistemi da regime autoritario». Con una riunione d’urgenza convocata a Montecitorio, presente Prodi, l’Unione ferita decideva l’«ostruzionismo su tutto». Più che serrata, quasi uno sciopero generale del parlamentare unionista. Un «Aventino attivo», lo definivano alcuni peones. Tanto che venivano presentati subito 500 emendamenti alla proposta di riforma elettorale all’esame della commissione Affari costituzionali della Camera. «E appena arriverà il maxiemendamento ne presenteremo altrettanti», minacciava il ds Leoni.
Non è finita qui. Il ragionamento sugli effetti elettorali del maxiemendamento Cdl, e soprattutto la scoperta che il centrodestra possa tornare unito e determinato, facevano partire appelli alla correttezza istituzionale dei presidenti delle Camere (il rifondatore Franco Giordano) e immaginare già l’intervento del capo dello Stato. «Ciampi rifiuti la promulgazione della legge-truffa», lo slogan lanciato dal senatore ds Stefano Passigli. «Ci è arrivato l’ordine - spiegava un altro ds - di cominciare la battaglia contro ogni provvedimento...». Il capogruppo Violante propugnava la «mancanza del numero legale a oltranza, di qui fino a fine della legislatura». D’accordo il parigrado senatore Angius: «Ostruzionismo totale fino alla paralisi». Velina rossa, al secolo Pasqualino Laurito, tracciava la linea: un ostruzionismo talmente spinto da poter indurre il presidente della Repubblica a sciogliere anticipatamente le Camere «avvalendosi del termine massimo per la campagna elettorale di 70 giorni rispetto alla data prevista del 9 aprile...». Cioè a fine gennaio.
Fino al primo pomeriggio, sulla determinazione della Cdl ad andare fino in fondo, non ci scommetteva nessuno. «Non si cambiano le regole alla vigilia delle elezioni». Poi il brusco risveglio, le voci d’accordo nella Cdl. Il popolare Castagnetti come le oche del Campidoglio: «La cosa più grave è il contenuto - dichiarava già poco dopo le 13 -, per quanto si è capito dalle anticipazioni la Cdl vuole una sorta di legge Acerbo, quella voluta da Mussolini nel ’23... Si tratta di un’emergenza democratica». Rutelli chiamava alle armi: «Ho chiesto a Prodi un vertice urgente... Sembra che, nella sottovalutazione e quasi distrazione generale, la maggioranza sarebbe in procinto di presentare una proposta blitz che stravolge le regole del gioco». Il prodiano Monaco dava un senso alla questione: «Un golpe propiziato dall’Udc, ecco serviti coloro che hanno prestato credito a Follini...».
Il leader Prodi usciva dal vertice rabbuiato: «Con decisione unanime l’Unione definisce la proposta della Cdl uno stravolgimento delle regole democratiche. Chi sa di perdere cerca di falsificare i risultati delle elezioni, in modo che chi ha meno voti potrà avere più seggi. Dobbiamo dare l’allarme a tutto il Paese. La proposta è irricevibile, è indegno cambiare legge a 6 mesi dal voto. Se fosse approvata, temo scontri pesanti». Prodi annunciava un altro vertice per stamane, con i capigruppo. All’unisono Fassino: «Non c’è nessuna possibilità di discussione su questa brutta legge con cui la maggioranza di governo, che sa di perdere, cerca in ogni modo di truccare le carte». Rutelli insisteva: «Gli italiani si aspettano misure economiche, non colpi di mano». Doppiamente furibondi i più penalizzati da uno sbarramento al 4 per cento. Diliberto (pdci) parlava di «patto scellerato» e «vergogna inaccettabile». Villetti (sdi) di «maldestro tentativo che potrà tramutarsi in boomerang». Il verde Pecoraro Scanio di «golpe della disperazione».

Tutti uniti nella lotta: «Blocchiamo il Parlamento per non consentire il blitz autoritario, lo scempio istituzionale».

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