da Roma
Joacquin Almunia, il commissario europeo agli Affari economici, è un uomo politico accorto. Nei mesi scorsi ha apprezzato la legge finanziaria. Ma ad una condizione. Che entro marzo il governo mettesse realmente mano ad una riforma delle pensioni. O, quantomeno, applicasse fino in fondo quella introdotta nella precedente legislatura.
Finora dal governo ha ricevuto rassicurazioni in tal senso. E tali impegni sarebbero stati confermati anche ieri sera all’Eurogruppo a Bruxelles da Tommaso Padoa-Schioppa. Da politico accorto, però, Almunia ha compreso che la situazione politica italiana non depone a favore dell’impegno assunto dal governo. Quantomeno, non nella direzione auspicata dalla Commissione europea.
Ha letto il dodecalogo di Prodi. Dove si dice che i risparmi della spesa previdenziale arriveranno dalla fusione degli enti previdenziali. Ha seguito da vicino la crisi politica in corso. Ed ha anche osservato con attenzione le anticipazioni di stampa, nelle quali si accenna ad eliminare lo scalone (cioè l’allungamento di tre anni dell’età lavorativa). Tutte tessere di un mosaico che ad Almunia non piace, in quanto rischiano di allontanare nel tempo ogni intervento strutturale in materia previdenziale. Così, ha voluto inviare un messaggio al governo di Romano Prodi.
Oggi l’Ecofin dovrà affrontare il piano di stabilità italiano, già approvato ieri dall’Eurogruppo. L’Italia è ancora sotto procedura di deficit eccessivo, sembra ricordare il commissario Ue. Se la procedura viene eliminata o meno dipende da fattori diversi, non solo dalla quantità degli interventi di correzione; ma anche sulla loro qualità. In un documento che dovranno discutere i 27 ministri dell’Economia europea c’è scritto che l’Italia «dovrà dare piena attuazione delle riforme delle pensioni, compresa la revisione dei coefficienti». Come a dire: ora basta promesse, bisogna intervenire sulla previdenza, secondo il calendario prestabilito. Cioè, entro marzo. Una formula che solo in apparenza è un diplomatico invito al governo Prodi. In realtà, è un chiaro messaggio. Che per di più arriva in piena crisi politica.
Almunia, però, forse stanco delle promesse che arrivano dal governo non seguite dai fatti, va oltre. Nello stesso documento ricorda che ogni maggiore entrata deve andare a riduzione del deficit. E non può essere spesa per la riduzione delle imposte. Apparentemente, la presa di posizione del commissario potrebbe sembrare un assist a Prodi e Padoa-Schioppa, che ipotizzano una riduzione della pressione fiscale solo a partire dal 2009. In realtà, non lo è.
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