«Con prove aperte alla Scala ci facciamo amare da tutti»

Daniel Barenboim è pianista e direttore d'orchestra d'alto rango. Pure saggista, autore di testi dove le riflessioni musicali sconfinano nella filosofia e viceversa. Ebreo-russo, cresciuto fra Argentina e Israele, Barenboim è approdato alla Scala nel dicembre 2005, dopo trent'anni d'assenza. E in breve è entrato nelle grazie del teatro che, pur di tenerselo stretto, ha coniato appositamente per lui il titolo di «maestro scaligero». Domani (ore 20) sarà dunque al Piermarini, alla testa della Filarmonica di casa: non in un concerto vero e proprio ma nel corso di prove generali aperte ai cittadini. Iniziativa che rientra nel progetto («La Filarmonica incontra la Città») avviato dal complesso questa primavera: un ciclo di esecuzioni che offrono allo spettatore la possibilità di capire cosa accade dietro le quinte di un concerto. Il ricavato di queste operazioni è devoluto a istituzioni non profit milanesi. L’esecuzione - diciamo - istituzionale avrà luogo invece venerdì 14 (info e prenotazioni: 02-72023671). In programma pagine di Brahms e Ravel.
L'iniziativa «La Filarmonica incontra la Città» ha raccolto immediatamente ampi consensi. Ed Ernesto Schiavi, direttore artistico dell'orchestra, già si proietta verso il futuro: «Questo ciclo è una sorta di stagione parallela; sarebbe interessante dunque ampliarne la portata. E' poi un modo per dimostrare che siamo vicini a chi viene ad ascoltarci». Si allude a questi tempi di vertenze sindacali contro il decreto Bondi (sulla riforma delle fondazioni liriche). Così, anche la Filarmonica reagisce: a suo modo, cioè con gli strumenti. «Non sospenderemo nessun concerto, però i musicisti devolveranno il loro cachet ad associazioni benefiche. E questo fino a quando durerà la vertenza. Mi auguro che le cose si risolvano prima dell'arrivo di Claudio Abbado, perché se così non fosse allora sarebbe trascorso tanto di quel tempo che forse si rischierebbe l'incendio». Spiega Schiavi che pensa al 4 giugno, giorno previsto per il ritorno di Abbado alla Scala dopo 24 anni di assenza (prove al via il 26). «Con la rinuncia ai compensi si manifesta una critica al decreto. Che debbano essere operati dei tagli va bene, ma perché colpire strutture che funzionano? Anche all'estero se lo chiedono. Non scioperiamo perché siamo un ente privato alimentato da soci e sponsor, quindi non ha senso scioperare contro chi ci sostiene». Certo, tempi di strette e pressioni inducono un po' tutti a reinventarsi, e queste aperture al sociale sono una riposta. «Bisogna farsi voler bene. Dare prova di esserci, di comunicare, di offrire la musica. Bisogna coltivare un nuovo pubblico. Penso anche ai concerti in grandi spazi voluti dal festival Mito: in due appuntamenti abbiamo totalizzato 20mila presenze e per almeno il 90% si trattava di neofiti». Crisi che ha spinto la Scala ad aprire al pubblico, settimana scorsa, le prove dell'opera di Wagner L'Oro del Reno. Il mondo della classica, continua Schiavi, «si deve togliere la veste sacerdotale. Dobbiamo ricreare curiosità e lo si fa rendendo la musica più accessibile».
Alla fine, c'è spazio per uno sfogo. La Filarmonica gira il mondo, in autunno rappresenterà l'Italia all'Expo di Shanghai. «Spesso Regione, Comune, Stato ci vantano come immagine dell'Italia.

Benissimo, ma perché allora attaccare un ente che è in pareggio, un ente che è stato voluto da Abbado e poi avallato da Confalonieri, e conosciamo le provenienze politiche di entrambi?», rimarca alludendo alla fisionomia bipartisan dell'ente.

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