Putin licenzia il governo e s’inventa un premier

Putin licenzia il governo e s’inventa un premier

Imprevedibile Putin. Fra sei mesi lascerà il Cremlino e fra tre gli elettori eleggeranno il nuovo Parlamento. Che se ne fa la Russia di un nuovo primo ministro per un periodo così breve? Razionalmente la risposta è: nulla. Ma a Mosca da sempre esistono ragioni imperscrutabili. Ai tempi dell’Urss il Politburo sembrava provasse piacere nello smentire le previsioni dei cremlinologi in occasione delle nomine del segretario del Partito comunista. Negli anni Novanta, Eltsin era straordinario nell’inventarsi candidature dal nulla; tra le quali bisogna annoverare quella dello stesso Putin, che quando fu nominato capo del governo, nell’agosto 1999, era un perfetto sconosciuto; ma che un anno dopo fu eletto presidente.
Ora è lo Zar Vladimir a perpetuare questa tradizione. A quali fini nessuno lo sa con certezza. La sorpresa è rappresenata non tanto dal siluramento di Mikhail Fradkov, un grigissimo funzionario che da premier non ha lasciato il segno, quanto dalla scelta del suo successore. Ieri mattina i giornali proponevano una griglia di nomi considerati sicuri, ripresa e convalidata dalle grande agenzie di stampa fino a un’ora prima dell’annuncio della nomina. Si parlava del ministro della Difesa Serghei Ivanov, del vice premier Dmitry Medvedev o, come possibile outsider, di un altro vice primo ministro, Serghei Naryshkin. E invece Putin ha scelto Victor Zubkov, capo del Servizio federale per il monitoraggio finanziario. Una specie di «Visco russo», impegnato nella lotta al riciclaggio del denaro sporco. Un uomo temuto dagli oligarchi più spregiudicati e dai capi malavitosi, ma certo ignoto al pubblico.
La sua nomina presenta diverse anomalie. Innanzitutto, l’età. Putin ha solo 55 anni, e dunque è giovane come lo sono i suoi principali collaboratori, mentre il nuovo capo del governo ne ha 66. Gli uomini che contano nel Cremlino provengono dai ranghi del Kgb, Zubkov no. Nato negli Urali, a Sverdlosk, laureatosi in economia agraria, ha gestito cooperative agricole per 18 anni, entrando nel 1985 nell’amministrazione pubblica di San Pietroburgo, che all’epoca si chiamava Leningrado. Non è un amico intimo del presidente, ma lo conosce da vent’anni; da quando - durante la perestroika e nel drammatico periodo seguito al crollo dell’Urss - lavoravano assieme al dipartimento di Economia estera dell’ex capitale zarista. Nel 1993 passò all’Ufficio federale delle imposte, e nel 2001 Putin, che aveva dichiarato guerra ai rapaci imprenditori arricchitisi sulle rovine sovietiche, si ricordò di lui, affidandogli l’incarico che ha ricoperto fino a ieri e che pensava di mantenere fino alla pensione.
La domanda che tutti si pongono è: perché questa manovra? Sono possibili due scenari. Il primo: il capo del Cremlino vuole dimostrare di essere saldamente in sella, nonostante sia alla fine del suo secondo e ultimo mandato. Nominando un fedelissimo, approfitterebbe di questo scampolo di potere per regolare gli ultimi conti. La seconda possibilità è che si tratti di una mossa in funzione proprio delle presidenziali del marzo 2008. Fino ad oggi tutti pensavano che la scelta del successore fosse limitata al 54enne Ivanov e al 42enne Medvedev; ma lo Zar Vladimir ha sempre evitato di palesare la propria preferenza. La scorsa primavera il suo entourage aveva fatto trapelare una velina, ripresa solo dai giornali russi, in cui si pronosticava un nome a sorpresa. E a ora Mosca qualcuno pensa che il misterioso Mister X possa essere proprio Zubkov. Certezze, ovviamente, nessuna. Ma il quadro che si profila ha una certa coerenza. La Costituzione vieta a Putin più di due mandati consecutivi, ma non un terzo se intervallato. L’attuale presidente avrebbe bisogno di un uomo di fiducia che accetti di restare al Cremlino solo quattro anni per poi lasciargli nuovamente il posto. Insomma, qualcuno da manovrare nell’ombra.


Zubkov non ha ambizioni politiche, non ha un clan alle spalle e nel 2012 avrà settant’anni. Ed è sicuramente più affidabile degli ambiziosi Ivanov e Medvedev. L’interprete ideale di un copione diabolicamente perfetto.
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