Ma quale Cina, l’Europa punti sull’India

Già nella primavera del 2002, quando ancora in Italia si faceva come se nell’Estremo Oriente ci fosse soltanto la Cina, una missione in India del governo regionale lombardo, guidata dal presidente Roberto Formigoni, aveva richiamato l’attenzione del nostro Paese sulle grandi potenzialità dell’interscambio italo-indiano. D’altra parte, nel nuovo mondo globalizzato in cui viviamo, è semplicemente naturale che le maggiori Regioni facciano in molti campi da battistrada ai governi nazionali, comunque alle prese con burocrazie centrali spesso arretrate rispetto alle esigenze del tempo.
Da allora molta strada è stata fatta, tant’e vero che prossimamente l’India riceverà la visita di una grossa missione del governo italiano, guidata dal presidente del Consiglio Romano Prodi. Tale visita, come si sa, è stata preceduta alcuni giorni fa da una nuova missione del presidente lombardo. Accordi di cooperazione tra università lombarde e università indiane; sigla di contratti fra grandi aziende lombarde e grandi aziende indiane, verifica dei lavori fatti (4 milioni di euro di fondi regionali più 600mila euro offerti da aziende e da privati) con il sostegno della Lombardia per la rinascita di dodici poveri villaggi costieri dell’India del Sud colpiti dal maremoto del 2004 passato alla storia, non si sa perché, col nome giapponese di «tsunami»; incontri col ministro degli Esteri indiano e con altri ministri-chiave sia del governo federale che di governi regionali sono stati l’oggetto della visita.
«La Cina è vicina» era, come si ricorderà, l’irresponsabile parola d’ordine dell’ultra-sinistra italiana proprio mentre il regime comunista cinese provocava la cosiddetta rivoluzione culturale, un catastrofico rivolgimento costato centinaia di migliaia di morti e la perdita definitiva di larga parte della cultura originaria dell’immenso Paese. In realtà la Cina non ci era affatto vicina allora (per fortuna), e non lo è nemmeno adesso, ma non solo per motivi geografici. L’interscambio con la Cina resta obiettivamente importante, quindi non va trascurato, ma la storia e la geografia ci consigliano di scegliere piuttosto l’India quale primo interlocutore tra i giganti demografici dell’Asia. Non a caso siamo indo-europei: malgrado ogni altra differenza, tra India ed Europa c’è una prossimità maggiore di quella che si può registrare nel caso di qualsiasi altro Paese asiatico.
Inoltre è una democrazia, il che la candida a reggere molto meglio le tensioni sociali che inevitabilmente emergono nelle fasi di sviluppo.

Infine la dominazione britannica le ha lasciato in eredità un sistema legale e giudiziario di matrice europea nonché la conoscenza diffusa della lingua inglese, che per il ceto medio indiano non può nemmeno venire definita una lingua straniera. L’inglese è una specie di seconda lingua materna: lo si parla infatti in casa sin dall’infanzia non meno dell’hindi o dell’altra lingua nazionale del luogo. È l’India insomma a essere davvero vicina: teniamone conto.

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