Quando filosofia fa rima con cleptomania e nessuno se ne accorge

Il caso delle «clonazioni» del professor Umberto Galimberti si è aperto il 17 aprile scorso, quando sulle pagine de Il Giornale un articolo a firma di Roberto Farneti ha illustrato, con un riscontro puntuale dei testi, che vari passi de L’ospite inquietante (Feltrinelli) erano ripresi in maniera pedissequa dalle pagine de Il piacere e il male di Giulia Sissa (anch’esso Feltrinelli) edito ben otto anni prima. A qualche giorno di distanza, sempre intervistato dal nostro giornale il professor Galimberti ha ammesso di aver usato le frasi della professoressa Sissa: «Ho sbagliato chiedo scusa... Mi piacevano quelle frasi... le ho usate... dopo dieci anni non mi ricordavo più che fossero sue...». Nei giorni successivi sono però venuti alla luce altri casi tre casi: quello relativo al saggio della di Alida Cresti, Nell’immaginario cromatico, copiato da Galimberti in un articolo su La Repubblica (in merito c’è anche un ordinanza del tribunale civile di Roma), quello relativo agli articoli del professor Salvatore Natoli che sarebbero stati riutilizzati da Galimberti in Gli equivoci dell’anima e quello del libro del professor Guido Zingari che Galimberti ha «saccheggiato» per scrivere Invito al pensiero di Heidegger.

Due di questi testi contestati (Invito al pensiero di Heidegger e gli equivoci dell’anima) sono stati presentati nel 1999 per il suo concorso al ruolo di professore ordinario di filosofia morale. Il concorso, come normale in questi casi, si è svolto sulla base di pubblicazioni e titoli (erano previste 12 monografie).

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