Triste è luomo (o la donna) senza un luogo dello spirito. Privo cioè di uno di quei punti, anche minuscoli sulla carta geografica, forse perfino apparentemente insignificanti agli occhi di tutti gli altri esseri umani, ma dove è bello - intimamente, individualmente, sempre caparbiamente - anche soltanto sognare di potervi un giorno vivere o dove più concretamente sperare di ritornare al più presto. Per una visita, per un abbraccio, per un bacio.
Perché il luogo dello spirito, in fondo, altro non è che questo: un secondo amore nascosto, un adulterio lontano, un peccato comunque confessabile. Perché assolutamente lecito, casto, innocente. E il luogo dello spirito, lillibato tradimento di Cristiano Caracci, classe 1948, avvocato udinese, uomo di vasta cultura, oltreché scopritore tardivo del proprio talento letterario, è senzombra di dubbio quella che fu lantica Ragusa. O Dubrovnik, come è stata poi ribattezzata in idioma più gutturale e senza dubbio meno dolce della lingua italiana. Ma questa, come si sa bene, è tutta unaltra storia.
La storia che invece qui interessa (e che ha fatto innamorare Caracci) è quella passata, quando Ragusa era un vivace porto sullAdriatico, cresciuto via via fino a diventare una florida repubblica marinara popolata da quellirrequieta zente de mar, apolide per natura e mercantile per alterazione genetica, si trattasse dellultimo dei barcaioli o del più ricco gestore di empori. Quando la città era un luogo quasi magico, sospeso tra Oriente e Occidente. Ma sospeso anche in quella luce tersa, dorata, che ha fatto innamorare lautore e che non a caso dà il titolo a questa sua seconda opera (La luce di Ragusa, Santi Quaranta, pagg. 162, euro 11). La prima di narrativa dopo Né Turchi né ebrei ma nobili ragusei, un saggio storico-giuridico proprio sullantica città-stato.
Anche se non lo dice, Caracci, friulano di nascita e piemontese per parte di madre, rivela però nel suo scrivere e descrivere (ma in fondo, appunto, nel suo amare quel luogo) linfluenza predominante - un fenomeno di ritorno - del sangue del nonno paterno, siciliano di Partanna. Così si spiegano sia il suo privato e accanito inseguimento della luce e del profumo salmastro del Mediterraneo appena ha unoccasione di vacanza, sia questo suo amore pubblicamente trasformato in parole, pensieri, capitoli.
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