Roma

Quando l’architetto Valle mise nei guai Vanacore

Quando l’architetto Valle mise nei guai Vanacore

L’architetto Cesare Valle, che abitava in via Poma, intervistato da una giornalista parlò di un «buco» nell’alibi di Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile di via Poma, prosciolto nell’inchiesta e suicidatosi il 9 marzo scorso. Oggi quelle frasi pronunciate dall’achitetto morto anni fa sono state rilette in aula dal pm, nell’ambito del processo che vede accusato di omicidio, Renato Busco, ex fidanzato di Simonetta Cesaroni.
Il 13 agosto 1990, Valle disse al pm: «Il 7 agosto, alle 22,30, venne da me Vanacore. Mi faceva compagnia; era venuto a dormire da me. Mentre riassettava il letto, udii delle grida provenire da sotto. La moglie suonò alla porta; chiedendo del marito, gli disse “Non sai cos’è successo”. Pietrino fu un po’ contrariato dalla confusione, ma notai in lui un grande spirito di collaborazione con gli inquirenti». E in un’intervista al Messaggero del successivo 20 agosto, precisò: «Forse involontariamente l’ho cacciato nei pasticci, in parte facendolo venire a dormire in casa mia e in parte perché ho creato un altro buco nel suo alibi: quello tra le 22,30 e le 23,30. Ma non posso mentire, sono sicuro che a quell’ora non era ancora salito in casa mia. Sua moglie è una tipa nervosa, è ansiosa. Mentre Paola gridava che aprissero il portone, la moglie del portiere ha telefonato su da me per sapere cosa dovesse fare. Ma lui non era ancora salito, ne sono certo. Non era da me, né in casa sua, sarà stato per le scale».
Nell’udienza di ieri c’è stata anche la testimonianza di due portieri di condomini vicini, della donna delle pulizie dell’Aig, l’allora proprietario dell’appartamento dove si trovavano gli uffici. Nicolino Grimaldi, portiere dello stabile di via Poma 4, ha detto che quel pomeriggio del 7 agosto 1990 andò con Vanacore in un ferramenta, ma di non aver «mai visto Simonetta né conosciuto i suoi datori di lavoro». L’allora donna delle pulizie dell’appartamento dove fu trovato il corpo di Simonetta, Anna Petrillo, ha raccontato: «Andavo negli uffici la mattina presto. Dopo le pulizie, rimettevo gli stracci nello sgabuzzino e andavo via. La mattina dopo l’omicidio, il portiere mi disse che non si poteva entrare. Ricordo che consegnai le chiavi all’avvocato Caracciolo (presidente dell’Aig, ndr); lì non ci ritornai più».

Prossima udienza, il 7 aprile: saranno citati Salvatore Volponi, al tempo datore di lavoro di Simonetta Cesaroni, e alcuni dipendenti dell’Aig.

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