Quei 119 enti «inutili» e la lista di Padoa-Schioppa

Caro Granzotto, vabbè sparare alzo zero contro vecchi e nuovi avversari, contro Prodi e Veltroni, ma attenzione a colpire indiscriminatamente nel mucchio, come nell’articolo dell’altro giorno sui 119 enti inutili salvati dal governo Prodi. Sarebbe stato il caso di distinguere: non credo proprio che si possa mettere accanto alla Gescal, al Fondo bombole di metano o alla Associazione nazionale controllo combustione, l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, definito addirittura un «vero e proprio mostro». Forse è il caso di ricordare ai lettori del «Giornale» cosa c’è dietro questa denominazione, altrimenti non capirebbero il motivo della mia lettera. L’Isiao è nato alcuni anni fa per motivi di risparmio con la fusione dell’Ismeo, l’Istituto per il Medio e Estremo Oriente fondato nel 1934 da Giovanni Gentile e Giuseppe Tucci, e l’Istituto Italiano per l’Africa. Non era e non è un qualcosa di superfluo, ornamentale, rifugio di burosauri che beccano immensi stipendi, ma un istituto che possiede biblioteche aperte al pubblico, archivi importantissimi, depositi di beni artistici di gran valore, pubblica libri e riviste di alto livello come la famosa «East and West», organizza apprezzati e seguiti corsi di lingue, gestisce progetti di cooperazione per conto proprio del governo che l’avrebbe voluto sopprimere, ad esso sono associati specialisti degni delle più grandi università estere. Insomma, produce alta cultura, assicura la presenza culturale italiana all’estero, effettua campagne di scavi archeologici, organizza convegni, tiene rapporti con istituzioni di altri Paesi e così via. In più - è importante saperlo - a differenza di altri enti ha una correttissima gestione economica, nonostante i tagli selvaggi ai fondi cui è stato oggetto, ottenendo gli elogi della Corte dei Conti. L’Isiao non è un ente inutile ma, al contrario, da tutelare, valorizzare, evitando che cada sotto le grinfie di una certa sinistra (ma anche di una certa destra). Il centrodestra, accusato di preoccuparsi solo di questioni mercantili, dovrebbe dimostrare al contrario che difende e promuove l’alta cultura. Non è possibile che si ritenga di essere una grande nazione non «in decadenza» solo perché la nostra moda e la nostra cucina fanno furore, perché le auto e le moto vincono i gran premi. Siamo ancora al Paese del mandolino e di «O sole mio»?


Ciò che dice sull’Isiao è la sacrosanta verità, caro de Turris. Tuttavia non capisco perché attribuisce al centrodestra la volontà di sopprimerlo e al Giornale il ruolo di complice. La lista degli enti ritenuti inutili è stata stilata da Tommaso Padoa-Schioppa il quale, evidentemente, è persuaso che l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente sia da considerarsi tale. O quanto meno qualcuno, nel ministero o nei paraggi, l’avrà convinto di ciò. Forse nascondendogli che l’Isiao non fu costituito fra le due guerre, ma, in quanto ente di diritto pubblico soggetto alla vigilanza del ministero degli Esteri, solo nel novembre del 1995 (governo Dini).

Nell’occasione furono ovviamente (be’, ovviamente mica tanto, visto l’andazzo) aboliti l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente e l’Istituto italo-africano. Queste cose lei le sa bene - e le so anch’io: ai tempi, marinavo la scuola per battere palmo a palmo il Museo africano di Villa Borghese - ma, guarda caso, non il ministro. Del governo Prodi. Quello della serietà.

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