QUEI GRILLI SILENTI

Innanzitutto, il riassunto delle puntate precedenti. Magari, ieri, non tutti hanno letto il Giornale e imbattendosi nelle cronache degli altri quotidiani liguri potrebbero essere stati indotti a pensare che la Regione e il Carlo Felice fanno un viaggio utilissimo, giusto e sacrosanto in Cina. Magari, non leggendo l’articolo della nostra Paola Setti sul nostro Giornale di ieri, potrebbero ipotizzare che la Liguria si apre alla Cina e che, presto, le nostre riviere saranno prese d’assalto da turisti dagli occhi a mandorla con le tasche piene di preziosissima valuta pechinese e i nostri porti - mai così competitivi - saranno sommersi da miliardi di container targati Cina. Magari, potrebbero pensare che gli indipendentisti del Mil hanno vinto, che la Liguria è indipendente e che il primo atto della politica estera sarà andare a portare la democrazia ligure in Cina.
Sono cose che possono capitare a tutti coloro non leggono il Giornale di Genova e della Liguria, abituati magari ad infiammarsi per le poltrone Frau da mille euro e ad indignarsi solo quando c’è licenza di indignazione.
Certo, poi, ci sono anche quelli che il Giornale di Genova e della Liguria lo leggono. E sanno, ad esempio, che il viaggio per alcuni giornalisti (ma non quelli del Giornale, curiosa circostanza) lo offre il Carlo Felice, il cui coro più efficace è generalmente quello drammatico per il taglio dei fondi governativi. Certo, per correttezza, occorre precisare che i soldi per il viaggio in Cina non vengono da bilancio del teatro, ma da un’apposita cassa ministeriale, finalizzata solo ed esclusivamente a quello. Così come parte dei fondi regionali.
Anche qui, per correttezza, va precisato che i giornalisti «in quota» alla Regione pagano regolarmente, circa 2500 euro, e che il governatore Claudio Burlando il 2 agosto mi ha scritto una cortesissima lettera per invitare la nostra redazione a partecipare al viaggio. Poi, abbiamo deciso di investire in altri modi i nostri soldi, ma l’invito - in questo caso - è arrivato.
Fortunatamente, si diceva, c’è questo Giornale: un’assicurazione sulla vita della nostra regione. Perchè, altrimenti, nessuno avrebbe saputo che gli stessi che hanno ucciso Genova e la Liguria - non battendo ciglio quando Antonio Di Pietro ha cancellato in un minuto il Terzo Valico - vanno in Cina a vendere i porti liguri. Ma lo sanno, questi signori, che senza le infrastrutture che farebbero risparmiare una settimana di viaggio rispetto a Rotterdam (traduzione di Terzo Valico per i non addetti ai lavori), la «Liguria porta d’Europa» per le merci in arrivo dall’Oriente rischia di chiudersi per sempre? Ma il pudore è un optional?
Oppure, il turismo. In Cina ci va anche l’assessora al Turismo ligure. Nonostante l’ottima volontà di molti operatori - penso agli albergatori della Federalberghi di Sanremo o ai titolari di Palazzo Fieschi a Savignone, solo per citare due casi di cui ci siamo occupati nelle ultime settimane - il turismo è sempre più in crisi. E cosa ti vanno a pensare i nostri responsabili, già noti per la gestione pubblicitaria dell’agenzia In Liguria? Di puntare tutto sul mercato cinese, notoriamente interessato alle nostre riviere.
Fortunatamente, a dire queste cose c’è un Giornale, sia pure con la maiuscola e il corsivo. Fortunamente ci sono Gianni Plinio, Gino Morgillo e Matteo Rosso, consiglieri regionali di An e Forza Italia che non hanno mandato il cervello all’ammasso.

Fortunatamente ci sono Marcello Zinola e Pierpatrizia Lava che vigilano sui comportamenti di chi ha a che fare con la stampa.
Mancano all’appello i Grilli solitamente parlanti. Quelli che se andava Bettino Craxi in Cina era uno scandalo e che se ci va la giunta Burlando no. Per ora, sono Grilli silenti.

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