Alla fine ha prevalso il quarto uomo, come spesso accade quando le questioni di nomine - specie quelle importanti come in Bankitalia - s’incartano per il gioco dei veti incrociati. Il successore di Mario Draghi è Ignazio Visco, fino a ieri sera vicedirettore generale della nostra banca centrale. Con questa indicazione, il presidente del Consiglio dribbla molti, ma non tutti, i problemi. In particolare conferma la tradizione dei governatori interni (in fondo anche Draghi era «uno di famiglia», benché non di stanza a palazzo Koch), superando le perplessità di Napolitano, il pressing di Tremonti e Bossi, e l’aperta ostilità della struttura della banca centrale a ogni nomina esterna. È la seconda volta che un vicedirettore fa un salto di due posizioni: capitò nel 1993 ad Antonio Fazio, che scavalcò il direttore generale Lamberto Dini.
Visco - nessunissima parentela con l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo - è tutt’altro che milanese, come auspicava il leader della Lega. È nato a Napoli, fra un mese compie sessantadue anni ma ne dimostra assai meno. Ha studiato economia alla «Sapienza» di Roma laureandosi con il nume tutelare della facoltà, il professor Federico Caffè con una tesi su andamento dei prezzi e tassi d’interesse. Per formazione, Visco è un macro-economista. Dopo una parentesi americana all’Università della Pennsylvania, viene assegnato al Servizio studi della banca centrale, la «fucina dei governatori».
Rappresenta la banca in organismi nazionali e internazionali, e dal 1997 al 2002 è capo-economista dell’Ocse, l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica, a Parigi. Dopo il ritorno in via Nazionale arriva, nel gennaio del 2007, a ricoprire l’incarico di vicedirettore generale.
Durante la «lunga estate calda» di quest’anno, Mario Draghi affida a Visco un compito fra i più delicati: spiegare in Parlamento i pareri della banca centrale sulle due manovre messe in atto dal governo. In lunghe audizioni il neo governatore insiste molto sulla necessità di una maggiore crescita economica, e sottolinea negativamente l’aumento della pressione fiscale. A fine agosto affermava che «l’aggiustamento dei conti pubblici, necessario per evitare uno scenario ben più grave, avra inevitabilmente effetti restrittivi sull’economia». Sull’indipendenza di giudizio rispetto al governo in carica, non vi possono essere dubbi. Lo confermano i commenti positivi giunti da molti esponenti dell’opposizione, da Pier Luigi Bersani a Pier Ferdinando Casini, al segretario della Cisl Raffaele Bonanni.
L’indicazione fatta da Silvio Berlusconi è accolta con soddisfazione anche dal Consiglio superiore di Bankitalia. Quella di Visco, affermano i consiglieri, «è una scelta valida». Poco prima, il Consiglio - in cui sono rappresentate le realtà imprenditoriali del Paese - aveva definito «spiacevole» la gestione della vicenda. La scelta interna rassicura anche i sindacati di via Nazionale, che avevano minacciato una mobilitazione in caso di nomine esterne all’istituto.
I protagonisti della complessa partita istituzionale - il premier, il presidente Napolitano, l’ex governatore Mario Draghi e più in generale la banca - appaiono alla fine soddisfatti.
Persino dal Tesoro, in via informale, si sottolinea l’ottimo rapporto di stima fra Giulio Tremonti e il neo governatore, confermato dai ripetuti inviti del ministro a tutti gli impegni dell’Aspen Italia, di cui è presidente. La scofitta del direttore generale Vittorio Grilli viene assorbita con britannica flemma. L’underdog, insomma, fa il pieno di consensi. Ma del resto, a nomina fresca fresca, è sempre stato così. Poi...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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