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Quel tribunale che lascia liberi gli stupratori

Bologna: il romeno che ha confessato la violenza della Caffarella doveva essere rispedito a Bucarest a luglio. Poi un giudice ha annullato la convalida del provvedimento. Pure il tunisino che ha abusato di una 15enne era fuori per decisione del Riesame

Quel tribunale che lascia liberi gli stupratori

Bologna - «Più che un Riesame, dovrebbero farsi un Esame. Di coscienza». Messaggio che va dritto al cuore del problema. Scritto con il pennarello verde, l’hanno appiccicato, assieme a tanti altri, a uno degli alberi del parco Mattei, i coetanei della quindicenne violentata venerdì sera tra queste stesse piante. Stuprata e beffata. Perché l’uomo che l’ha violentata, un trentatreenne tunisino, era in libertà grazie a un provvedimento di clemenza del Tribunale del riesame, appunto.

Da quando questa nuova storia di una violenza partorita dalla clemenza è venuta a galla, Bologna è una città sottosopra. Che vorrebbe tanto portare davanti a un tribunale i suoi tribunali. Travolti da polemiche rabbiose che ieri hanno raggiunto l’apice dopo l’ultima, amara scoperta: è stato un giudice, un altro giudice del Tribunale civile di Bologna, a decidere di non rimpatriare Alexandru Isztoika Loyos, il romeno di 20 anni arrestato a Roma per aver stuprato, sabato notte, una ragazza di quattordici anni.

Era luglio, forse faceva troppo caldo qui a Bologna dove a luglio fa spesso troppo caldo, quando questo giudice civile ritenne di sconfessare quanto aveva disposto poco tempo prima il prefetto di Roma. Ovvero l’espulsione dall’Italia del medesimo individuo che, godendo di una ritrovata e insperata libertà di muoversi, sabato a Roma ha violentato quella ragazza alla Caffarella esattamente come aveva fatto in gennaio al Quartuccio, ai danni di un’altra malcapitata giovane donna. Così, in piazza dei Tribunali in un suggestivo palazzo popolato di ologrammi che si infilano rapidamente dietro una porta, dove si nascondono i giudici più odiati d’Italia, quelli che scarcerano la gente che poi va a stuprare, non tira una gran voglia di loquacità.

Sarà anche perché sono all’opera gli ispettori inviati dal ministro Alfano che devono accertare se il tunisino è stato rilasciato per «ritenuta assenza di esigenze cautelari o per decorrenza dei termini» e in questo secondo caso, il ministro chiederà un ulteriore accertamento ispettivo «per valutare eventuali responsabilità disciplinari dei magistrati». O sarà forse semplicemente perché si fa fatica a difendere l’indifendibile, che il compito di arrampicarsi sugli specchi e di parlare ufficialmente se lo prende il presidente del Tribunale, Francesco Scutellari: «Una prima verifica fatta tra i fascicoli - annuncia - non ha portato a nulla. Almeno con le generalità di Isztoika Loyos. Non ci risulta nulla di nulla con quel nome». Insomma un fantasma. Il fantasma di un violentatore romeno che transita per Bologna si presenta davanti a un giudice e sparisce nel nulla.

Sparisce persino dai faldoni del tribunale. Certo può anche essere che abbia fornito un nome un po’ diverso e al Tribunale sia stato registrato in un altro modo. Ma quell’udienza del 15 luglio c’è stata. Eccome se c’è stata visto che la questura di Bologna incalza e ricostruisce i tre giorni in città dell’individuo in questione: il 12 luglio Loyos esce dal carcere di Viterbo perché aveva finito di scontare una condanna per furto. Soltanto che nel frattempo il prefetto di Roma aveva emesso nei suoi confronti un provvedimento di allontanamento dall’Italia. Con in tasca questo provvedimento Loyos il 12 luglio giunge al Cie di Bologna. Per lui il questore di Viterbo chiede il trattenimento e rimpatrio ma il 15 luglio un giudice civile di Bologna non convalida questa richiesta e Loyos torna libero.
«Se il ministero mi chiederà accertamenti a proposito faremo una verifica più approfondita», precisa con l’aria di chi vuol chiudere il discorso Scutellari. Peccato ci sia anche l’altra questione. L’altro stupratore, questa volta tunisino, Jamel Moamib, ovvero l’altro inspiegabile provvedimento preso da un giudice di Bologna. «Il ministero, per il momento non ha chiesto nulla nemmeno a proposito del provvedimento del Tribunale del riesame. A noi non è arrivata nemmeno la richiesta di trasmissione degli atti».

La sconcertante reazione del numero uno del Tribunale di Bologna non sorprende se si considera che giusto avant’ieri lo stesso Scutellari aveva definito «legittima e nella piena osservanza delle leggi» la scarcerazione del tunisino. E che ieri ha ribadito: «Ai colleghi giudici nel caso di specie non ho nessun rilievo da muovere tanto più che il Riesame è un ufficio che ha sempre dato grandi soddisfazioni, per efficienza e funzionalità». Sarà. Ma forse da questo Tribunale, su cui è scesa una cappa di diffidenza e di polemiche non si riesce nemmeno a sentire la voce del prefetto Tranfaglia che, poche centinaia di metri più in là ricorda «che nel 2008 a Bologna sono stati 180 i reati di violenza sessuale denunciati alle forze dell’ordine e di questi almeno una sessantina sono stati consumati all’aperto, nei parchi o nelle strade». E non si riesce nemmeno a scorgere la protesta dei ragazzi del villaggio Mattei, amici della quindicenne stuprata.

Che sabato si raduneranno in piazza dei Colori per chiedere ai giudici bolognesi «di tornare sulla terra».

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