(...) Ma lo ha anche ripetuto, per iscritto in una relazione al presidente della Corte dAppello, il funzionario comunale che presiedeva lufficio elettorale: i conti non tornavano.
Qual è il problema? Che il Giornale quel ricorso non lo poteva fare. Primo, perché facciamo un altro mestiere e sullargomento abbiamo fatto tutto quello che era nelle nostre possibilità, facendo esplodere il pentolone. Secondo, perché non eravamo parte in causa, non eravamo candidati. Molti lettori, ad ogni articolo che usciva per dimostrare linvalidità di uno spoglio al limite della burla, ci chiedevano di chiamare in causa qualsiasi giudice, di opporci, di fare ogni cosa per verificare come davvero avevano votato i genovesi e di impedire unelezione con troppi buchi neri. Avevamo chiesto a più riprese che chi aveva la possibilità di fare quel ricorso lo facesse.
«Sì». «Vedremo». «Fateci sapere». «Mandate il materiale». «Ora ci riuniamo e decidiamo». «Aspettiamo la proclamazione ufficiale». Le risposte erano sempre le stesse. I termini entro i quali opporsi allo scrutinio, anche. Trenta giorni, non uno di più. E quei trenta giorni sono scaduti. Si è mosso lex sottosegretario di Forza Italia, Alberto Gagliardi, ma a titolo personale (come solo poteva fare peraltro), per i suoi voti di preferenza spariti. Lo ha fatto lavvocato Massa. Sempre guardando, correttamente, al suo particolare. E gli altri? «Il ricorso non serve a niente - è diventata la risposta -. Il Tar ci mette cinque anni e magari ti dà ragione quando è finita la legislatura. E la procura non può fare niente, è sempre stato così». Ma in politica non cè giurisprudenza. Il Tar e la procura, oggi, dimostrano di poter fare, di poter sequestrare un voto.
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