Quella data sbagliata che fa apparire Pio XII colpevole

Il Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, il vescovo Sergio Pagano, ha annunciato che i documenti relativi al pontificato di Pio XII saranno accessibili «entro cinque anni a tutti i ricercatori». E nei giorni scorsi è rimbalzata dagli Stati Uniti un’altra importante notizia: la fondazione «Pawe the Way» (PTWF), guidata dall’ebreo americano Gary Krupp, con l’autorizzazione vaticana, renderà prossimamente disponibili on-line e gratuitamente consultabili, 5.125 documenti dell’Archivio Vaticano datati tra marzo ’39 e maggio ’45, già pubblicati nei dodici tomi degli Atti e documenti della Santa Sede relativi alla Seconda guerra mondiale. Saranno messe anche a disposizione le pagine de L’Osservatore Romano pubblicate in date storicamente significative.
Si spera così di evitare quanto accaduto negli ultimi mesi, quando documenti riguardanti Pio XII, già conosciuti, pubblicati e ripubblicati, sono stati presentati come inediti in un blog (non nuovo ad annunci sensazionalistici poi rivelatisi dei flop) e acriticamente ripresi con grandi titoli da agenzie di stampa e da autorevoli quotidiani italiani lanciando accuse contro Papa Pacelli. Il blog in questione è quello gestito da Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino, esperti di storia della mafia, che hanno compiuto ricerche negli archivi inglesi e presentano le loro «scoperte» come importanti novità. Nelle scorse settimane sono arrivati persino a consigliare con tono sarcastico al relatore della causa di Papa Pacelli, il gesuita Peter Gumpel, di leggersi bene le carte che loro pubblicano prima di procedere con la beatificazione. E hanno presentato un documento diplomatico del ’43 nel quale l’incaricato di affari americano Harold Tittman riferiva a Washington di un colloquio avvenuto il 19 ottobre con Pio XII, durante il quale il Papa aveva detto che i tedeschi, fino a quel momento, avevano rispettato la Santa Sede e non aveva fatto menzione della razzia del ghetto di Roma, avvenuta due giorni prima. Un Pontefice insensibile e così diplomatico da non far cenno nel colloquio a quanto era avvenuto nella sua città, la deportazione di ebrei innocenti.
Innanzitutto il testo «inedito» presentato da Casarrubea e Cereghino è pubblicato dal ’64, nella serie Foreign Relations of United States, nel secondo dei volumi relativi al ’43, a pagina 950. È poi noto non da ieri anche in traduzione italiana: lo ha pubblicato nel 1978 Ennio Di Nolfo nel libro Vaticano e Stati Uniti: dalle carte di Myron Taylor, rieditato nel 2003. Quel documento è stato poi presentato e discusso nelle biografie e in molti saggi dedicati a Pio XII, evidentemente ignoti ai due frequentatori degli archivi inglesi.
Ma c’è di più. Come si evince anche dall’immagine qui riprodotta, quell’incontro tra Papa Pacelli e Tittman non avvenne il 19 ottobre, bensì il 14, vale a dire due giorni prima della razzia del ghetto. Che la data trascritta sul documento fosse sbagliata è stato acclarato dal professor Ronald Rychlak, della University of Mississippi, nel suo libro Hitler, The War and The Pope (pubblicato negli Usa nel 2000). Rychlak ha potuto consultare il foglio d’udienza del 14 ottobre ’43, dove risulta che effettivamente Tittman venne ricevuto dal Papa alle ore 11. Mentre sul foglio d’udienza del 19 ottobre il nome dello stesso Tittman non compare affatto. A documentare in modo incontrovertibile l’errore di data che fa apparire il Papa «colpevole», è proprio L’Osservatore Romano con data venerdì 15 ottobre ’43, pubblicato nel pomeriggio del giorno precedente. Nella rubrica «Nostre informazioni», in alto a sinistra sulla prima pagina, subito sotto la testata, è riportata la notizia dell’udienza: «La Santità di Nostro Signore ha ricevuto» in privata udienza «Ill.mo Signore Harold H. Tittman, Incaricato d’Affari degli Stati Uniti d’America».


Sul suo blog, Giuseppe Casarrubea continua a scrivere: «Checché dicano quanti non sanno leggere, assicuriamo che l’incontro tra il Papa e l’incaricato d’Affari Usa si svolse la mattina del 19 ottobre 1943». E non riuscendo ad arrendersi all’evidenza, arriva persino a insinuare che essendo il quotidiano della Santa Sede di parte, non ci si debba fidare.

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