(...) Genovese prestato a Milano, critico cinematografico del Giornale, chi scrive ha frequentato un paio di esse, il Piccardo e il Vittorino, ha conosciuto allievi dell'Arecco ed è andato molto al cinema, in via XX Settembre e altrove. Milanese prestato a Genova, il collega Massimiliano Lussana mi ha così chiesto di raccontare il mio frammento di un mondo che scompare, per dirla con Stefan Zweig.
1 ottobre 1957, primo giorno di scuola, Istituto Antonio Piccardo, via Jacopo Ruffini, Carignano, preside padre Giordano Renzi. Classe I elementare, maestra Anna Maria Carrossino, con grembiule nero, colletto bianco, penna col pennino (biro vietata, stilografica tollerata), calamaio fisso nel banco; vivamente consigliati quaderni della «Cartoleria genovese» di via Assarotti, perché di carta migliore. Cortile asfaltato, con porte da calcio, per la ricreazione. I compagni? Uno choc. Da figlio unico che ha rifiutato d'andare all'asilo, sono cresciuto fra gli adulti. I coetanei hanno per me meno riguardi. Da più timido, adoro il meno timido, Filippo Verrina. Guardo Marina Cardullo, la più bella della classe, poi della città (oggi insegna a Varese) e bisticcio con Paola Leoni (oggi si occupa dell'agenzia fotografica avviata dal padre). E poi c'è Lorenzo Campostano, un'amicizia ormai di mezzo secolo! In III elementare (1960-61), primo segno di globalizzazione: arriva Paolo Virno, napoletano, figlio di un dirigente petrolifero; vent'anni dopo leggerò di lui che, ideologo dell'Autonomia, è stato arrestato nel caso «7 aprile». La politica pesa sulla Genova negli anni, fino al 1965, durante i quali frequento il Piccardo. Le campagna elettorale del 1958 giunge fra quelle mura con Luigi Durand de la Penne, ex alunno e candidato alla Camera, che una sera viene a proiettare - personalmente, in 16 mm - il film I sette dell'Orsa maggiore di Duilio Coletti, che racconta come nel dicembre 1941 lui stesso abbia forzato la baia di Alessandria (d'Egitto), facendo saltare le navi da guerra britanniche «Valiant», «Queen Elizabeth», «Jervis» e il mercantile «Sagona». Mi è sempre rimasta la voglia di fare lo stesso
La legislatura nella quale De la Penne diventa deputato segna la fine delle maggioranze di centro-destra e l'avvento di quelle di centro-sinistra. La svolta viene il 30 giugno 1960 da Genova, coi disordini di piazza promossi da Pci e Psi. Le lezioni sono finite e via Ruffini è lontana da via XX Settembre e piazza De Ferrari, ma io passo proprio di lì, con mia nonna, in quel pomeriggio di caroselli di camionette attorno alla vasca e di portuali in rivolta. Prendo i miei primi, indimenticati lacrimogeni. Due anni dopo, crisi missilistica di Cuba. Padre Giuseppe Grattarola, docente di lettere in I media, non ne parla, ma i telegiornali dell'ottobre 1962 hanno un tono cupo. Quando l'8 dicembre arriva la festa di Maria Immacolata, sollevati cantiamo in cappella l'inno imparato fin dal 1957: «Prega per noi, o Maria / prega pei figli tuoi
». Anche lo sport, meno diffuso allora che oggi, entra in istituto. Ha i colori del Genoa nella primavera 1964. Fra gli allievi del Piccardo c'è il figlio minore del presidente del Genoa, Giacomo Berrino. Padre Renato Atzori - insegnante di ginnastica - ottiene da lui che, a premiare le squadre del torneo calcistico interno, siano due giocatori del miglior Genoa del dopoguerra: ottavo in serie A. Sono Luigi Meroni, giacca di pelle e barba lunga; e «Chico» Locatelli, giacca e cravatta, sbarbato di fresco. La medaglia che ricevo quel giorno si unisce a quella per il profitto avuta dal cardinale Giuseppe Siri nel giugno 1958. Ho la foto: sono un bambino in piedi e sdentato accanto a lui, sereno e seduto. Penso a quel giugno mentre vago ora nello stesso cortile: dal 1999 il Piccardo come scuola è chiuso. L'ultima odierna celebrità a frequentarla - fra anni Settanta e Ottanta - è stata Barbara Marugo, poi indossatrice, ora scrittrice (Guardami negli occhi, Rizzoli). Quel cortile ora è un deposito di materiali edili per la ristrutturazione dei piani superiori - quelli dove c'erano le aule -, ora affittati al Registro navale. Padre Giorgio Musante, insegnante al Piccardo dal 1961, è adesso il custode di quelle mura senza più voci di bambini. Ma torniamo al cardinale. Prima autorità da me incontrata nella vita, incarna un cattolicesimo fedele a Pio XII, immune dalla debolezza di «andare verso il popolo», ancora combattivo, che auspica la coalizione degli Stati latini e cattolici, contro quelli nordici e protestanti (non solo contro quelli atei e comunisti). Cresco poi all'ombra di un Vaticano che patrocina molti film e li fa proiettare, oltre che al Piccardo, nella vastissima rete dei cinema parrocchiali. E non solo in Italia: nel film Le invasioni barbariche, il regista canadese Denys Arcand evoca con laicissima nostalgia quando, da bambino, a Montréal, vedeva a scuola Il cielo sulla palude di Augusto Genina, sul martirio di Maria Goretti
Sempre Siri interviene anche alle premiazioni del Vittorino da Feltre, mia seconda scuola, fra ginnasio e liceo classico, ovvero fra 1965-1970. La ricostruzione è finita, e anche il boom; si parla ormai di «congiuntura» (economica sfavorevole). Non ci faccio caso, occupato come sono a passare dai pantaloni al ginocchio a quelli alla caviglia, oltre che dai Figli di Maria ai Barnabiti. Il Vittorino vantava già un ex allievo illustre, Eugenio Montale, ma il poeta era ancora solo un collaboratore del Corriere della sera; il premio Nobel verrà dopo. Del resto nemmeno quest'illustre ex alunno salverà il Vittorino dal declino già patito da Piccardo e Arecco. Rettore del Vittorino è, ai miei tempi, padre Alberto Boldorini, che poi succederà a Gianni Baget Bozzo come direttore di Renovatio, rivista del cardinale Siri.
Il grande Ilario Giacomazzi insegna lettere nel ginnasio, lettere antiche nel liceo, dove padre Boldorini è docente di storia. E' quel periodo movimentato, detto poi genericamente '68: esso in realtà comincia con la morte accidentale dello studente socialista Paolo Rossi all'Università di Roma, nel 1966. Il quotidiano egemone in città, Il Secolo XIX, lascia da quel momento il moderatismo di Umberto Cavassa e approda al progressismo di Piero Ottone. La guerra civile a bassa intensità, che ha serpeggiato per l'Italia fino al 1948, nel 1966 riprende. E mi lambisce. Al comizio di Giorgio Almirante in piazza Verdi, il 18 aprile 1970, il missino Bruno Venturini è colpito. Muore di tetano due settimane dopo. I funerali avvengono nella chiesa della Consolazione, in via XX Settembre: la folla e i saluti romani si vedono anche dalle finestre della mia scuola, in via Maragliano. Sono l'unico del Vittorino - depoliticizzato per tacito plebiscito degli alunni - presente al comizio. Fra gli agitatori missini, ci sono coetanei d'altre scuole, come Andrea Baccaredda e Attilio Giordano, già partecipante ai tornei calcistici del Piccardo: diverrà giornalista al Lavoro, poi alla Repubblica. Al Vittorino il '68, quello del maggio parigino, e succedanei è calcio, calcio e ancora calcio. Si gioca sul campo dell'Arecco, a San Desiderio. Sono in classe con Gianni Blondet, oggi vicepresidente del Genoa. Poi arriva Maurizio Taviani, nipote dell'allora politico dc. Arriva in un'altra classe anche un aitante ripetente, Corrado Tedeschi: farà molti goal e, più tardi, molta tv. Nel nuoto brilla Lorenzo Marugo, parente della Barbara Marugo del Piccardo. Ma lei non è ancora nata quando Lorenzo occupa metà del mio banco, in V ginnasio, al Vittorino. Direte: nessun ricordo di ragazza per un liceale, nemmeno - come poi canterà Antonello Venditti - «quando Nietzsche e Marx si davano le mano / e parlavano insieme dell'ultima festa / e del vestito buono, nuovo, fatto apposta / e di quella del primo banco / la più carina, la più cretina, cretino tu! / che filava tutti meno che te / meno che teee
»? Ebbene, nel 1969, quando il cardinale - Siri, naturalmente - consente classi miste anche per adolescenti nelle scuole religiose (le iscrizioni già calano
), anche al Vittorino arrivano - il nostro lessico è ancora da elementari - le «femmine». Ma non in III liceo, perché avrebbero turbato i maturandi. Iscritta alla II, ma anche all'esame di maturità, per recuperare un anno, c'è Susy De Martini: nel 2001 del G8 diverrà attivista da salotto. Altri compagni non hanno un quarto d'ora di celebrità, ma non da questo si giudicano le persone e se ne sente la mancanza.
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