Quelli che tutelano le donne solo se non stanno a destra

L’appello contro il maschilismo berlusconiano, le magliette «io non sono a sua disposizione», gli editoriali dal sapore Sessantottino. Tutto nel dimenticatoio quando nell’occhio del ciclone finisce una donna di destra. È il femminismo radical chic delle varie Concita De Gregorio, Rosy Bindi o Sabrina Guzzanti. Pronte a bruciare idealmente i reggiseni in piazza contro un premier definito a intermittenza «sessuomane» o «pappone», salvo poi scagliare la prima pietra se la donna da difendere è riconducibile all’«altra parte».
E quindi via agli insulti e alle insinuazioni di Piazza Navona contro i ministri Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, alle quali si riferiscono molto elegantemente le «signore» di sinistra quando parlano di «mignottocrazia».

Per non parlare del «ciarpame senza pudore» di cui hanno straparlato e strascritto «Repubblica» ed «Unità» dopo la candidatura di Barbara Matera alle Europee.
Insomma, è la solita doppiezza sinistrorsa: la donna va difesa. A patto che non sia il nemico.

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