Egregio Dott. Lussana, le chiedo ospitalità sulle «sue» pagine ancora una volta al fine di avere la possibilità di ritornare sul dibattito relativo al valore dei simboli che il «caso» Quattrocchi ha purtroppo aperto e, nell'occasione, di avere la possibilità di rispondere alla professoressa De Martini data la cortese disponibilità che l'ha caratterizzata.
Illustre professoressa De Martini mi permetta di dirle che nella sua gentile risposta, che Il Giornale lo scorso 24 gennaio a pag 47 ha pubblicato, palesandomi anche il suo pensiero in qualità di mamma, mi ha per un attimo disorientato. Infatti questa mia ulteriore riflessione sul caso Quattrocchi non so proprio a chi rivolgerla se alla professoressa, alla neuropsichiatra o alla mamma.
Nell'incertezza del destinatario comincio col dirle che i ringraziamenti contenuti nella sua risposta, mi lusingano. Mi creda, non era mia intenzione insegnare niente a nessuno, tanto meno a lei, intendevo solamente puntualizzare il diverso trattamento che sia lei con il suo scritto sia la «Regione», «Provincia» e «Comune» (questi ultimi politicamente parlando) ha riservato ai due giovani i quali, in circostanze totalmente diverse, sono entrambi morti.
Personalmente avevo già «complessivamente» analizzato il suo articolo intitolato «Solo Fabrizio è un vero simbolo» e mi creda che non si può non condividere la sua analisi sintetizzata nell'anzidetto titolo. Mi ha però particolarmente «colpito» (e non risentito) il fatto che nello stesso paragrafo ha diversamente «colorato» i due soggetti, come se ci tenesse a fare dei distinguo.
Per Fabrizio Quattrocchi ha «solamente» citato il «
coraggio, prima di essere ucciso di pronunciare una frase che ci onora
» come se volesse dividere spersonalizzando la frase detta dall'uomo che la pronuncia, mentre, citando il giovane Carlo Giuliani ha appunto utilizzato il contestato aggettivo «sfortunato» che anche nelle vesti di mamma nella sua ultima ribadisce e quindi conferma quel sottinteso distinguo di cui si parlava prima.
Per quanto riguarda la «durezza» del termine da utilizzare nei confronti del ragazzo morto durante gli scontri del G8, mi creda che non auspicavo ad alcunché forma di «severità».
In questa città, a livello di pensiero politico rappresentante le locali Istituzioni, al contrario di quanto in quel paragrafo da lei scritto, si è in precedenza (prima dell'acquisizione del filmato) utilizzato quasi sempre un aggettivo rappresentante il giovane Quattrocchi e precisamente «mercenario».
Sempre in questa città se i «martiri» sono di sinistra se ne parla, se ne parla e se ne parla ancora fino a che si decide e si delibera l'intestazione di Vie, tipo Corso Aldo Gastaldi (1° partigiano genovese) e/o l'installazione di monumenti, come quello a Guido Rossa (operaio sindacalista dell'Italsider ammazzato il 24.01.1979 dalle Brigate Rosse colpevole di aver denunciato e fatto arrestare un compagno fiancheggiatore B.R. attivo all'interno della stessa azienda) all'interno dei giardini sul retro di Villa Bombrini a Cornigliano.
Vede professoressa, sappiamo tutto (o quasi) della famiglia del giovane Giuliani a cominciare dal padre che, cito testualmente, «
Un padre di qua e un figlio di là. Stessi ideali, diverso il modo di esprimerli. Giuliano Giuliani, 63 anni, arriva a Genova da Roma alla fine degli anni Settanta con la moglie insegnante e i due bimbetti Elena e Carlo. Si iscrive al Pci di San Fruttuoso, diventa segretario della funzione pubblica della Cgil, quindi l'addetto stampa alle relazionei esterne fino allo scorso anno quando va in pensione. Ma continua a occuparsi di cooperative sociali. Giuliano Giuliani è molto conosciuto a Genova, per il suo lavoro, ma anche perché ha tenuto per anni una rubrica su Telecittà, seguitissima emittente cittadina. Carlo, 23 anni, maturità scientifica al Leonardo Da Vinci, frequentazione del circolo Bianchini di Rifondazione e del centro sociale Zapata, una fedina penale non intonsa ma con denunce per reati tutto sommato irrilevanti. Qualche lavoro saltuario, anche sulle navi
(Il Secolo XIX 22.07.2001 pag. 4 - Donata Bonometti)».
Della madre, Sig.ra Heidi Gaggio, detta anche Heidi Giuliani che, cito testualmente, «
Sarà allora, a circa tre mesi dall'elezione (toccando ferro), che il senatore Gigi Malabarba lascerà lo scranno di Palazzo Madama a Heidi Giuliani, madre di Carlo, ucciso durante il G8 di Genova nel luglio di cinque anni fa. Omaggio alla memoria, gesto simbolico che vuole saldare definitivamente il mondo dei movimenti al partito di Bertinotti. Lo ha annunciato lo stesso Malabarba - senatore uscente ma per sua scelta riconfermato solo per compiere questo gesto - al Comitato politico di Prc
(Il Giornale 23.01.2006 pag 11 - Roberto Scafuri)».
Si è anche scritto di una zia di Carlo Giuliani in un articolo dal titolo «Atene, zia di Giuliani morì con una bomba» che ovviamente, cito testualmente «Roma - Una zia di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso da un carabiniere durante gli scontri anti G8 di Genova, è morta trent'anni fa mentre tentava di piazzare una bomba davanti all'ambasciata americana di Atene. Elena Angeloni, di professione medico, voleva protestare contro il regime dei colonnelli che affliggeva il paese ellenico. Un gesto antifascista che le è costato la vita. Insieme a lei in quell'occasione morì anche uno studente cipriota. L'ordigno scoppiò mentre i due lo trasportavano. La notizia è stata rivelata dal quotidiano del partito di sinistra greco, Avgi. Il giornale pubblica una foto di Carlo e sua sorella ai piedi del Partenone. Nell'immagine il manifestante ucciso in piazza Alimonda è poco più che un bambino. Lo scatto fu eseguito dal padre durante un viaggio ad Atene in ricordo della zia. Angeloni morì nel settembre del 1970. Al suo funerale, che si tenne a Milano, parteciparono numerose personalità della sinistra italiana. (La Repubblica 01.08.2001)».
Ma le assicuro, illustre professoressa che per la famiglia Quattrocchi questa «Liguria» (sempre politicamente parlando) ad eccezione del comune di Brugnato (SP) che ha già previsto l'intitolazione di un ponte, facendo mente locale, si rilevano solo dei Niet, partendo dalla non concessione dei locali per i funerali, sino ad arrivare a questo inspiegabile ritardo nel deliberare l'intitolazione di una strada della sua città, riuscendo a farsi ridere in faccia dagli stessi «compagni» che governano a Roma ed a Napoli.
Personalmente non ho mai «infierito» sulla morte di alcuno, specie se ragazzo, nemmeno per quelli come Carlo Giuliani ai quali, come afferma lei, è estensibile la locuzione latina «Faber est suae quisque fortunae», (mi permetto di tradurre solo per coloro che come me sono dotati di un piccolo vocabolario) che tradotta letteralmente, significa «ciascuno è artefice della propria sorte».
Leggendo la sua risposta vorrei anche sottolinearle un ulteriore suo passaggio. Quello in cui afferma che il giovane Giuliani, testualmente: «
che aveva gravi problemi personali, e
» qualificando «gravi» i problemi personali come se effettivamente ne fosse a conoscenza in maniera totalitaria, come se il giovane Carlo fosse stato (in qualità di neuropsichiatra) un suo paziente tanto da affermare anche l'esistenza «presumibilmente un lungo periodo di sofferenza alle spalle» quasi a costringermi, in qualità di papà, ad associarmi al vittimismo che in simili circostanze è d'uopo fare.
Mentre per il povero (ho anche io utilizzato un aggettivo) Quattrocchi nessuno, forse sulla scorta della definizione di mercenario che gli è stata da certa parte politica della sua città attribuita, appartenente a questa classe politica (opposizione inclusa) si è barricato in Piazza De Ferrari a fare lo sciopero della fame facendo balzare agli onori della cronaca nazionale la «resistenza» che il Sindaco e la sua maggioranza sta facendo nel non voler nemmeno inserire nell'ordine del giorno nel Comune di Genova la dovuta intitolazione di una strada a Fabrizio, come se la sua morte fosse nettamente inferiore a quella di un fringuello.
Cara professoressa, Fabrizio, come egregiamente da lei è stato scritto, è morto pronunciando «una frase che ci onora», è morto abbracciando (idealmente) il nostro tricolore, è morto esaltando il concetto di Patria. Ed è proprio per questo che non lo si vuole onorare. Perché i concetti di Onore, di Tricolore e di Patria, sono riconducibili (politicamente parlando) alla destra e quindi, sempre politicamente parlando, il «caso» Quattrocchi è esplosivo quanto l'ormai perduta onorabilità della sinistra avvenuta con il caso Unipol.
Facendo una piccola riflessione, notiamo che: il papà di Carlo Giuliani, si iscrive fin da giovane al Pci, quindi un partito di «sinistra»; sempre il papà, si candida alle scorse elezioni amministrative senza successo in un partito della «sinistra»; Carlo Giuliani si iscrive a Rifondazione quindi un partito di «sinistra»; la madre di Carlo Giuliani, sembrerebbe destinata alla candidatura per le prossime elezioni politiche nelle file di Rifondazione, quindi a «sinistra»; la zia di Carlo Giuliani è morta in un tentativo di far saltare in aria un'ambasciata Usa, combattendo per un ideale di «sinistra». Vede professoressa, mi sorge il dubbio che quando il Presidente del Consiglio afferma che la «sinistra» porta «sfortuna», tutti i torti non li ha.
In conclusione, voglio scusarmi con lei se sia il mio precedente che il presente intervento è/possa sembrare irriguardoso e nei suoi confronti e nei confronti delle Sue idee che, come la Sua persona, rispetto anche se non condivido.
«Il nostro, come disse Sciascia, è un paese senza memoria e verità, ed io per questo cerco di non dimenticare». Le chiedo di perdonare l'essermi appropriato di questa ultima citazione ma è una mia piccola e personale dedica a quell'angelo, senza testa, che risponde al nome di Fabrizio Quattrocchi.
Cordialmente
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