La Quercia fa autocritica su Unipol Cala il gelo tra Fassino e D’Alema

Chiti, coordinatore della segreteria: «Un errore il tifo per la scalata». Secondo i sondaggi interni consensi in calo del 2%

Adalberto Signore

da Roma

«Un errore aver tifato per la scalata, un partito farebbe meglio a non schierarsi in vicende di mercato». Intervistato da Repubblica, è toccato al coordinatore della segreteria dei Ds Vannino Chiti l’ingrato compito di pronunciarsi sulla questione Unipol-Bnl e sui rapporti tra Giovanni Consorte, numero uno dimissionario della compagnia assicurativa, e il segretario ds Piero Fassino. È toccato, dicevamo, perché dopo giorni di silenzio l’uscita di Chiti non può essere né casuale né tantomeno autonoma rispetto al vertice del partito.
Passa qualche ora, però, e si scopre che il mea culpa del coordinatore della Quercia non suscita grande entusiasmo al Botteghino, dove evidentemente devono essere un po’ preoccupati dagli ultimi sondaggi interni secondo cui l’affaire Consorte sarebbe già costato in termini di consenso elettorale quasi due punti percentuali (con un calo dal 20 al 18%). Un arretramento che i Ds rischiano di pagare pesantemente quando con la Margherita si aprirà il tavolo per stabilire le candidature della lista unitaria per la Camera. A via Nazionale, però, pesa anche la posizione dei dalemiani che - convinti che il partito sia vittima di un complotto e contrari a qualsiasi tipo di autocritica - sembra abbiano fatto pressioni tutta la mattina su Fassino per smentire pubblicamente Chiti.
Smentita che però non c’è stata. E così, sul sito dei Ds (www.dsonline.it) si decide di riprendere sì l’intervista come prima notizia dell’home page ma stando ben attenti a far sparire dalla titolazione ogni riferimento alla reprimenda sul ruolo della Quercia nella scalata alla Bnl («nessuno nel nostro partito ha mosso un dito per condizionare le decisioni delle autorità preposte all’operazione», spiega Chiti, ma è stato «un errore aver tifato per la scalata»). E l’innocuo titolo a cui si affida il sito è «Nuove regole per i rapporti tra politica e affari», senza alcun accenno all’autocritica neanche nelle ben 14 righe che sintetizzano l’intervista. Quantomeno curioso.
«Forse Chiti ce l’aveva con Fassino, a giudicare da quello che è apparso sul Giornale» commentava ieri un dalemiano con un sarcasmo che la dice lunga sulla resa dei conti che sta per aprirsi nella Quercia. L’appuntamento è per la direzione dell’11 gennaio. Quella sarà la sede di un primo confronto tra le varie anime del partito. Perché, se è vero che la presa di posizione di Vannino Chiti è «a titolo personale», è altrettanto vero che c’è chi dice che «ha forzato un po’ la mano» e che «all’85 per cento ciò che ha detto Chiti è il pensiero di Fassino, ma il 15 per cento che manca è l’imbarazzo di Fassino». Giochi di parole che però suonano come pietre. I dalemiani sono in trincea, con l’elmetto, pronti a sostenere la «denuncia del complotto contro i Ds», ma la segreteria non ha smentito una virgola delle dichiarazioni di Chiti e ora Fassino si trova a un bivio: mantenere la posizione e chiedere una svolta nel partito, oppure arroccarsi e rischiare di finire travolto dall’onda montante della base che in periferia comincia a farsi sentire.
La direzione dell’11 gennaio sarà preceduta da una riunione della segreteria e da un’assemblea dei segretari regionali, quale migliore occasione per Fassino?
Anche i sostenitori di D’Alema capiscono che la linea della difesa a oltranza potrebbe essere rischiosa. Peppino Caldarola dice di «essere completamente d’accordo con Chiti», Nicola Rossi ricorda di aver detto «quest’estate che serviva maggior distacco» ma non condivide la tesi del complotto, tanto che dice: «Non è bello che siano pubblicate intercettazioni che dovrebbero per legge essere protette e su questo si può fare una battaglia. Ma non credo agli attacchi né ai complotti». La strategia dei dalemiani però è quella dell’attacco. Perché in fondo le questioni sollevate da Chiti «sono secondarie» rispetto a quello che viene considerato «un attacco mediatico».


La teoria del complotto può servire come diversivo, ma al Botteghino si confrontano due linee e i prossimi appuntamenti saranno decisivi perché una larga fetta del partito ha deciso di chiedere lumi «sulle insistenti e troppo numerose telefonate fatte da alcuni autorevoli dirigenti della Quercia all’indirizzo di Consorte».

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